MORALITÀ PURAMENTE TERRENA o una vita fatta di … ?

oppure una vita fatta di AMORE al prossimo e a Dio come Caritas in VERITATE?

Una moralità puramente terrena (basta farla franca) accanita contro la trascendenza rischierebbe di avere un fondamento friabile. Basterà ricordare gli ultimi secoli di filosofia: vedi il Benedetto Spinoza, che tanto affascina menti laiche moderne col suo sistema straordinariamente coeso, ma che ha, al fondo, la negazione cosciente, lucida e assoluta della libertà umana, e quindi della distinzione reale tra bene e male morale. Di qui la sua celebre sentenza ...

[Pagina senza pretese di esaustività o imparzialità, modificata 19/01/2024; col colore grigio distinguo i miei commenti rispetto al testo attinto da altri]

Pagine correlate: etica senza trascendenza? «cielo stellato sopra di noi, ...», imagine, Moralità basata su verità, Caritas in veritate, circostanze, gradualità, relativismo, Newman

 

2023.02.12 con rif. a NC che su Facebook inviterebbe «i teologi a pensarci un po' su perché, se veramente succedesse che un software si comportasse come una persona con l'anima spirituale, molta parte delle attuali concezioni teologiche sarebbero da rivedere profondamente», risponderei che i problemi sollevati dalle tecnologie AI sarebbero ben più laicamente etici che teologici e non solo perché Elon Musk paragonò l'impatto della AI a quello della bomba atomica. Per uno sviluppo etico della AI (algoretica) le religioni si sono già attivate: e i laicisti? «L’intelligenza non è artificiale» scrive Limes mentre elenca scenari inquietanti del tipo «la Cina sconfiggerà gli Usa con l'AI».

 

2021.08.02 <aleteia> il vescovo ausiliare di Los Angeles, monsignor Robert Barron, mette in guardia sull’ideologia del testo di Imagine, perché induce a giudicare la religione come una fonte di grandi mali, quando di fatto le ideologie atee si sono dimostrate molto più letali. Cantata all' apertura dei giochi di Tokyo, è considerata un inno alla PACE con una visione del mondo idilliaca senza più preoccupazioni per il futuro, con un'ideologia materialista che prescinde dalla trascendenza spirituale. «Immagina che non esista il Paradiso; è facile se ci provi. Non c’è inferno sotto di noi; sopra di noi solo il cielo». Significa che non c’è alcun criterio assoluto per il bene e il male. Non c’è un giudizio morale”.

 

↑2019.06.05 <corriere> di Ernesto Galli Della Loggia: lotta di potere (in toga): le inchieste in corso su alcuni membri del CSM al pari di quelle su Mani Pulite di 25 anni fa rilevano ben più che per gli aspetti penali: sono rilevanti per l’atmosfera ambientale che illustrano attorno al funzionamento di parti cruciali della nostra vita pubblica, alla qualità antropologica e alla tenuta etica di coloro che ne sono protagonisti.

 

↑2011.08.04 trassi da <pag 25 di Avvenire>:  Inventare una religione laica? Ci prova tramite Repubblica lo scrittore svizzero Alain de Botton col suo libro (“Del buon uso della religione. Una guida per i non credenti”) quasi come il “debolistaGianni Vattimo che gradirebbe un «cristianesimo non religioso», concetti strampalati e contraddittori, ma pone involontariamente in evidenza un dato oggettivo: l’ateismo contemporaneo ha fallito il suo obiettivo, perché permane il bisogno di trascendenza nell’essere umano, mentre, cercando di fare a meno di Dio o di vivere come se Dio non ci fosse si è perso in etica la nozione del bene e nella cultura antropologica il valore della vita. [CzzC: continua qui con keys pessimismo, dolore, welfare, reddito di cittadinanza però inteso non come quello targato M5S]

 

↑2009.08.20 Moralità è una vita fatta di 'amore nella verità' - 'Caritas in veritate' - di Dio e del prossimo

Ogni moralità puramente terrena ha un fondamento friabile. [CzzC: toglierei ogni e aggiungerei accanimento / rischio, come ho scritto in sommario; trassi da Avvenire IL CRISTIANESIMO, IL NICHILISMO E I NON CREDENTI (di Gianni Gennari)

Innanzitutto un equivoco da sfatare: nessuno, richiamandosi alla fede cristiana potrà mai affermare seccamente che solo chi crede esplicitamente in Cristo può conoscere e praticare il bene morale. Netto e forte: da 2000 anni, suona il testo di Matteo 25, nel quale Gesù stesso dichiara come giusti e praticanti il bene tanti che non hanno mai conosciuto Dio, e viceversa respinge come praticanti il male tanti che dicono di averlo conosciuto benissimo. Ma nel dibattito filosofico sorto dopo le parole del Papa del 9 agosto scorso, occorre chiarificare almeno due punti.

1) La vera conseguenza della negazione di Dio è altra, cioè che ogni moralità puramente terrena ha un fondamento friabile. . [CzzC: toglierei ogni e aggiungerei accanimento / rischio come ho scritto in sommario]. Basterà riandare a volo d’uccello sugli ultimi secoli di filosofia. Penso al grande Benedetto Spinoza, che tanto affascina menti laiche moderne col suo sistema straordinariamente coeso, ma che ha, al fondo, la negazione cosciente, lucida e assoluta della libertà umana, e quindi della distinzione reale tra bene e male morale. Di qui la sua celebre sentenza, davvero 'capitale' per ogni moralità che voglia separare il bene dal male: 'Humanas actiones non ridère, non lugère, non detestari, sed intelligere', e cioè 'Le azioni umane non vanno derise, né piante, né condannate, ma comprese a fondo' [CzzC: avrebbe parlato così anche dopo aver visto le azioni umane opere dei tifosi di Hitler, Stalin, Polpot, Isis, Boko Haram, ... Vedi rapporto sulla banalità del male]. Perciò la vetta dell’'Ethica' spinoziana è il lasciarsi trascinare ad occhi aperti - ecco la saggezza - dalla necessità assoluta degli eventi, tutti ugualmente divini.

  Ciò che accade, per il fatto che accade, è 'naturale', necessario e divino! Ecco Spinoza: ammirevolmente coerente e logico nel suo sistema. E qualcosa di simile si trova in ogni pensiero filosofico che sopprime ogni trascendenza divina, e che non può far altro che lasciare inspiegabile il problema del bene e del male: vedi Fichte, Schelling e Hegel. Lo stesso Kant fu costretto a recuperare un principio divino per fondare la sua morale nella 'Ragion Pratica'… E allora? Ci può essere moralità umana senza Dio? Certo che ci può essere, ma qui è

2) il secondo punto di questo breve ragionamento. Nella rivelazione ebraico-cristiana 'conoscere Dio' non è solo un atto dell’intelligenza, del sapere, ma altro. Nel primo Testamento, 'Legge, Profeti e Scritti', Dio non si vede, ma si ascolta, e la sua voce nei 'Comandi' - le dieci Parole - afferma la sua unicità (1° comando) e poi il dovere di riconoscerlo nel prossimo (gli altri 9 comandi), così che tutto si riassume - lo proclamerà Gesù stesso - nei due comandi dell’amore di Dio e del prossimo. Perciò il Dio di Abramo, di Mosè e dei Profeti non vuole sacrifici, ma compassione e misericordia. E il Nuovo Testamento? Conferma, dimostra e realizza... San Giovanni dice due volte che 'Dio non lo ha visto mai nessuno', e la prima volta, nel Prologo del Vangelo, annuncia che Gesù 'il Figlio unico, lui ce lo ha rivelato', mentre la seconda aggiunge 'se ci amiamo tra noi, Dio abita in noi, e il suo amore è giunto in noi a pienezza'. La vera moralità, dunque, quella che porta a salvezza, non è una teoria filosofica che dimostra l’esistenza di Dio, ma una vita fatta di 'amore nella verità' - 'Charitas in veritate' - di Dio e del prossimo. La presenza rivelata e incarnata di Dio nella storia, Gesù di Nazaret, è venuto per la salvezza del mondo intero, e la nuova moralità, definitiva, non è solo il conoscerlo, ma 'riconoscerlo' nel prossimo da amare come noi stessi, cambiando anche la faccia del mondo come anticipo della vita eterna. Questa moralità salvifica è aperta a tutti gli uomini, di ogni tempo, di ogni razza, di ogni religione, ma la sua pienezza è donata e realizzata in Gesù di Nazaret, salvatore - Lui! - del mondo intero. Può sorprendere, forse, ma qui è l’essenziale. Dunque una moralità umana è possibile anche a chi non conosce Dio esplicitamente, anche a chi lo nega in buona fede magari perché lo ha visto troppo tradito da professionisti della sua rivelazione poco all’altezza del dono che hanno ricevuto per donarlo a tutti…