Jonathan Henry Sacks, suo libro “Not in God’s Name”, “Non in nome di Dio”; anche il diavolo usa le scritture

Per JH Sacks la vera battaglia dei tre monoteismi è far reagire le parole di Dio con le vite degli uomini. «Esse cambiano il mondo perché cambiano noi»

<wikipedia>: n1948 fu Chief Rabbi of Great Britain and the Commonwealth of Nations ("Rabbino capo della Gran Bretagna e del Commonwealth delle nazioni") dalla sua nomina nel 1991 fino alla conclusione del suo mandato nel 2013.

[Pagina senza pretese di esaustività o imparzialità, modificata 04/03/2018; col colore grigio distinguo i miei commenti rispetto al testo attinto da altri]

Pagine correlate: ebraismo; Israele, dialogo interreligioso; uccidere in nome di Dio è satanico; radice del terrorismo; not in my name

 

<tempi 2017.06.12>: “anche il diavolo usa le scritture”: per JH Sacks la vera battaglia dei tre monoteismi è far reagire le parole di Dio con le vite degli uomini. «Esse cambiano il mondo perché cambiano noi»

Come contrastare il montante terrorismo islamista? Sacks prova a rispondere col suo libro “Not in God’s Name”, “Non in nome di Dio”.

Le religioni praticano il bene e la carità, ma possono divenire spietate e crudeli verso chi dissente, vedendo l’altro solo nell’ottica di convertirlo o minaccia per il gruppo identitario che divide il mondo in un Noi e un Loro. Ma la violenza vera e propria esplode solo se la lotta si estremizza, se un gruppo religioso afferma di avere l’esclusiva del bene.

[CzzC: è da tempo che la totalità degli insegnamenti cristiani afferma di non avere l’esclusiva del bene, e altrettanto si può dire della maggioranza degli insegnamenti ufficiali degli altri monoteismi, ma come si potrebbe pretendere che un fedele convinto e appassionato non ritenga la propria religione più efficace di altre per il bene suo e dei suoi cari? Se non si volesse legittimare come unica religione “buona” quella del sincretismo o indifferentismo religioso o del relativismo, dovremmo dare per scontato che un fedele, pur ammettendo di non avere l’esclusiva del bene, consideri migliore il suo credo rispetto a quello di altri, quantomeno per il bene suo e dei suoi cari, e, perciò, sia portato a darne testimonianza, ad insegnarla a vicini e a lontani (missione).

È illusorio pretendere che, per poter dialogare tra loro, i fedeli di diverse religioni promettano di non sentirsi superiori agli altri, anzi, è meno ipocrita e più efficace per il bene comune, il dialogo tra identità diverse, ancorché ritengano il proprio fondamento più efficace di altri per il bene comune: saranno i fatti e i posteri a valutare tale efficacia di generazione in generazione. Non avviene così anche per gli schieramenti politici, ideologici, culturali?

Ma se è evidente la degenerazione violenta dell’appartenenza identitaria, da dove scaturisce principalmente tale violenza?

- Convengo con Shakespeare che la lettera uccide («il diavolo può citare la Scrittura per il suo scopo»),

- convengo col Talmud che «chi traduce un versetto letteralmente è un bugiardo»,

- convengo con Jonathan Sacks che se “un gruppo religioso afferma di avere l’esclusiva del bene” ha buone probabilità di far crescere violenti tra i suoi adepti (come avvenne, peraltro, in atei regimi totalitari di destra e di sinistra);

- convengo che all’estremizzazione violenta contro identità diverse giovi la suddetta presunzione di esclusività,

ma ben più influisce il timore che l’altra identità possa insidiare la propria, timore che inizia a concretizzarsi con la persecuzione degli abiuri; la nostra civiltà occidentale ha impiegato secoli di sofferenze per arrivare a fissare nella nostra dichiarazione dei diritti umani la libertà di coscienza fino all’abiura (art.18), che, guarda caso, è negata da tutti i regimi islamisti più sospettati di foraggiare terroristi islamici e maestri di odio, e, purtroppo, è negata anche da nostrani islamici sedicenti moderati.

In attesa che gli insegnamenti delle varie religioni evolvano – per dirla con Jonathan Henry Sacks – a «rendere onore alla dignità universale dell’umanità» e a «immaginarsi come Altro» e a «reinterpretare i testi sacri mettendo tra parentesi tutti quei passi che possono dar adito a violenza» (attesa che potrebbe durare ancora secoli), potremmo ottenere ben più immediati risultati inducendo i regimi più ‘islamisti’ a bandire il reato di abiura e di presunta blasfemia, ma ciò non facciamo perché?

Quei regimi temono per le fondamenta del loro potere, se non potessero più perseguitare i dissidenti con tale pretesto, e hanno tanto potere ricattatorio sul piano finanziario (petroldollari) e strategico (contro Russia) da far chiudere naso e occhi degli occidentali-Nato su tale violazione dei diritti umani, fino a far arrivare l’Arabia Saudita ai vertici di UNHRC.

Diffido di chi parla di religioni come maestre di solidarietà e di pace, senza denunciare la violazione dell’art.18 dei diritti umani; apprezzo le buone intenzioni, ma tante belle parole parrebbero valere poco più che sublimazione e sarà inarrestabile il terrorismo se culliamo regimi che uccidono abiuri e presunti blasfemi: come potrebbe non allevare figli o sudditi propensi a violentare gli infedeli chi perseguiterebbe figli o sudditi se abiurassero? Non credi che sia questa la radice del terrorismo ben più che la disputa sulla preferenza di Dio tra Isacco ed Ismaele, tra Giacobbe ed Esaù?

Attenzione alle sublimazioni, compresa quella con cui Jonathan Sacks antropomorfizza la preferenza di Dio verso l’attuale popolo ebraico come amore per coloro che sono diversi e come insegnamento a vincere la paura di chi non è simile a me: non so a quali Ebrei egli si riferisca, ma io non riesco a credere che Dio abbia cotale preferenza verso quelli che costrinsero i palestinesi ad assistere alla distruzione dei loro villaggi nella guerra con cui li cacciarono dalla Palestina o che, per attraversare il muro, fanno fare alla moglie palestinese un percorso diverso da quello del marito israeliano in viaggio di nozze].

 

↑2017.04.03 <mosaico>: Not in God’s Name («Non nel nome di Dio»): un appello di Jonathan Sacks contro il fondamentalismo e la violenza in nome di Dio

 

↑2015.12.17 <avvenire>: Il rabbino Sacks: la linea d'ombra delle religioni. Dio non è morto. Anzi. Al contrario di quanto predetto dalla maggiore parte dei pensatori occidentali negli ultimi tre secoli, le forze della secolarizzazione stanno arretrando sotto la pressione di una crescente adesione alle religioni organizzate. Porterà a un aumento degli estremismi? A un moltiplicarsi della violenza commessa in nome di Dio che ha segnato l’inizio del XXI secolo?