L’INTERPRETAZIONE dominante del MANDATO DI PAOLO VI alla diocesi di TN

Forse non sarà più così nei prossimi anniversari del Concilio di TN, ma tra il 2008 e il 2010, mentre popolo questa pagina, mi pare che l’interpretazione dominante di tale mandato si muova assai sul sentiero additato dagli intendimenti del dissenso al Magistero di GP2° e B16°

[Pagina senza pretese di esaustività o imparzialità, modificata 17/04/2020; col colore grigio distinguo i miei commenti rispetto al testo attinto da altri]

Pagine correlate: pro TN2 che cancelli TN1? Prego Paolo VI che mi aiuti a discernere; educare al dialogo; il tavoloTN

 

↑2008.mm.gg Trovo il mandato commentato sul sito della Diocesi di Trento all’indirizzo http://www.webdiocesi.chiesacattolica.it/triveneto/trento/00021532_Mandato.html, ma nel 2014 trovo che il link non è più efficace. Cerco di documentarmi annotando qui di seguito l'inizio lavori (relazione in costruzione)

Il mandato speciale di Paolo VI alla città di Trento per il dialogo ecumenico

- L’8 marzo 1964 Paolo VI, ricevendo la delegazione diocesana di TN nel IV centenario della chiusura del Concilio, pronunciò[1] chiarissime parole (ribadite[2] poi anche da GP2°) che però furono dissimulate da eminenti organizzatori e oratori trentini delle successive celebrazioni nel 1995 (450esimo anniversario dell’apertura del Concilio di Trento), alcuni dei quali in linea con la cultura partitica filo-teoglib (che li premiò più tardi con l’aquila di San Venceslao),

- inveirono contro i presunti errori del Concilio di TN in marcata dissonanza coi suddetti pronunciamenti dei Papi

- usarono a giustificazione del loro dissenso, la parte finale[3] del discorso di Paolo VI, nota come mandato speciale alla città di Trento, comunità che il Papa invitava ad assurgere simbolo del desiderio di riconciliazione con i protestanti.

Forse non sarà più così nei prossimi anniversari del Concilio di TN, ma oggi parrebbe che l’interpretazione dominante di tale mandato si muova assai sul sentiero additato dagli intendimenti del quel dissenso

- che mirerebbero a riformare il cattolicesimo verso l’adultità democratica e teologica dei protestanti, più che a far riconoscere ai fratelli protestanti il valore della nostra unità e della nostra fedeltà col Magistero petrino: un esimio monsignore aquilato, tifato da tali dissenzienti, definì asinate alcune prese di posizione di Ruini, ma essi non amano essere chiamati dissenzienti né conciliaristi di rottura, piuttosto amano assimilarsi alla sedicente chiesa del disagio;

- che è amplificato anche da assidue penne del settimanale diocesano, soprattutto quando era guidato da un altro aquilato, che, quando il Vescovo Sartori lo avvicendò con don Valentini alla guida del settimanale, ebbe la soddisfazione di vedere centinaia di cittadini di Trento, guidati dal sindaco di allora (poi governatore PAT), gridare in piazza sotto le finestre del Vescovo contro la sua rimozione[4].

Esempi di tale interpretazione dominante?

Cito solo alcune vicende correlate ad un grande esponente laico del centro diocesano per il dialogo ecumenico e interreligioso:

- «con il mondo protestante noi abbiamo come un MACIGNO la storia del CONCILIO DI TRENTO che ci separa» diceva in TV il 03/06/2001;

lo stesso esponente scrive ancora “pesante” sulla struttura gerarchica cattolica, su una «chiesa istituzionale così assoldata al potere», sui «principi non negoziabili», sulla necessità di «smetterla di ammaestrare, desistere dal giudicare, cessare di condannare», su quelli che sarebbero «avvinghiati da una infinità di parole, di sovrastrutture, di chiacchiere, di poteri e di cattiverie, di orpelli e di pregiudizi che, anche nelle nostre istituzioni ecclesiali, non riescono ancora a liberare l'autentico messaggio salvifico di Cristo», …

- Anni fa era responsabile un altro sacerdote nell’Ufficio diocesano per il dialogo, che leggeva il CV2° con l’ermeneutica della continuità, anziché con l’ermeneutica della rottura: faticava a rapportarsi in commissione con qualcuno che qualche anno dopo si sarebbe distinto tra i laceratori della mia parrocchia, a motivo delle tante invettive che sciorinava contro la gerarchia cattolica e il Magistero petrino; quel don fu rimosso dall’incarico di responsabilità, l’invettore rimase.

- quando il suddetto esponente accompagnò l’Arcivescovo di TN in visita al Patriarca di Mosca, lo lessi ben descrivente il vantaggio che questo legame ecumenico Trento-Mosca potrebbe portare a tutta la chiesa per il dialogo cattolici-ortodossi: mentre confido in questa positività, mi chiedo

- perché[5] abbia evitato accuratamente di visitare a Pietroburgo la locale parrocchia cattolica mentre gemellava la sua con quella ortodossa;

- perché abbia esecrato la decisione del Papa di nominare vescovi in Russia e sostenuto la terminologia dell’inverno ecumenico che sarebbe sopravvenuto da qualche lustro, da sopportarsi in attesa di un nuovo disgelo nello spirito del CV2°.

 

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[1] <vatican 1964.03.08> Paolo VI: «Fa meraviglia ad alcuni e reca noia e diffidenza che la Chiesa cattolica rimanga sempre la stessa, e non si pieghi né all’usura, né alla moda del tempo; fa meraviglia ad altri ed è motivo di scandalo che la Chiesa cattolica si arricchisca, nella sua lunga meditazione e nella sua fiera difesa del suo primitivo patrimonio dottrinale, di nuovi dogmi e di nuovi ordinamenti, dai quali si vorrebbe alterata e soffocata la sua nativa evangelica semplicità» … «rivivere il fatto stupendo, il mistero della fedeltà della Chiesa cattolica a Cristo suo fondatore e suo maestro; e ci recano un conforto, di cui l’ora presente ha particolare bisogno: quello della sicurezza nell’essenza e nella guida della santa Chiesa; quello della certezza che il suo insegnamento è oggi valido, come ieri e come lo sarà domani» … «Grazie a questo Concilio i dogmi santissimi della religione sono stati definiti con maggior precisione e più ampiamente esposti; gli errori sono stati condannati e fermati; la disciplina ecclesiastica è stata restituita e confermata; … Inoltre i vincoli, che uniscono i membri della Chiesa al loro capo visibile, sono stati riannodati, e un novello vigore è stato infuso a tutto il corpo mistico di Cristo».

[2] <vatican 1995.04.30> GP2°: «il Tridentino ripropose la dottrina cattolica in maniera precisa ed inequivocabile. Era una chiarificazione dogmatica che, in più di un caso, non si limitò a ristabilire la verità negata, ma valorizzò anche, riportandole nell’alveo cattolico, significative istanze messe in luce dalla Riforma protestante. ... il Concilio seppe formulare una teologia dell’Eucaristia che ci appare ancor oggi sorprendentemente perspicua: ... a garanzia del realismo sacrificale della Messa, il Concilio ... aveva sottolineato con espressioni precise ed inequivocabili (“vere, realiter, substantialiter”) la realtà della presenza di Cristo sotto le specie eucaristiche del pane e del vino».

[3] <vatican 1964.03.08> Paolo VI: mandato ecumenico alla Chiesa di Trento  «… una grande e difficile questione, che al Concilio di Trento diede origine, ma che a Trento purtroppo non trovò soluzione: quella della ricomposizione nella medesima fede e nella medesima carità con i cristiani, che la riforma protestante separò da questo centro, da questo cuore dell’unità. La città di Trento era stata scelta per facilitare l’incontro, per fare da ponte, per offrire l’abbraccio della riconciliazione e dell’amicizia. Trento non ebbe questa gioia e questa gloria. Essa dovrà averne, come Noi, come tutto il mondo cattolico, sempre il desiderio. Essa dovrà assurgere a simbolo di questo desiderio, oggi ancora, oggi più che mai, vivo, implorante, paziente, pregante. Essa dovrà con la fermezza della sua fede cattolica non costituire un confine, ma aprire una porta; non chiudere un dialogo, ma tenerlo aperto; non rinfacciare errori, ma ricercare virtù; non attendere chi da quattro secoli non è venuto, ma andarlo fraternamente a cercare. È ciò che il Concilio nuovo, continuando l’antico, con l’aiuto di Dio, vuol fare; ed è ciò che voi, più di ogni altro, nella Chiesa di Dio, dovete capire, e tuttora, come la Provvidenza suggerirà, assecondare. È in questa visione del passato e del presente, e in questo presagio del futuro che Noi mandiamo alla insigne e diletta Chiesa Tridentina la Nostra benedizione, che a voi qui presenti, perché ne siate a tutta la vostra terra latori, di gran cuore impartiamo»

[4] a proposito di questo avvicendamento, udii nellamia chiesa l’esimio don Paul Renner (docente di seminaristi e di centinaia di maestri di religione, nonché oratore pluri convocato dalla linea partitico-pastorale della suddetta attuale dominanza) catechizzarci dall’ambone con sifatta criminalizzante allusione “anche quel Vescovo parlava di profeti, ma aveva in mano fumante la pistola con cui ne aveva fatto fuori uno”.

[5] in realtà a questo “perché” ottenni una risposta dall’esponente: a domanda precisa mi spiegò che non visitò la parrocchia cattolica di Pietroburgo perché, se l’avesse visitata, gli ortodossi, molto suscettibili al riguardo, si sarebbero irritati; gli chiesi perché non l’avesse visitata in incognito; mi rispose che gli ortodossi sarebbero venuti a saperlo