La LIBERTÀ NEGATIVA (definita dalle passioni) sarebbe meglio della LIBERTÀ POSITIVA (definita dalla ragione)?

<lgxserver.uniba>: la distinzione fra una libertà negativa, liberale, e una libertà positiva, potenzialmente totalitaria, è parte di un celebre argomento di uno dei più noti liberali della guerra fredda, Isaiah Berlin.

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2009.09.04 Trassi da Pagina 40 del Corriere della Sera (4 settembre 2009) di P.Ostellino qui trascritto.

Una rivisitazione del pensiero del grande politologo Isaiah Berlin e lo sviluppo dei suoi temi alla luce delle esigenze del presente: la dittatura dei diritti

Sono sempre più numerosi: moltiplicano i doveri e così minacciano la libertà

Ciò che distingue il liberalismo dalle altre dottrine politiche è la metodologia della conoscenza. Quella liberale è empirica; quella delle altre dottrine è filosofica. La metodologia empirica si pone la domanda «come» stanno le cose. Quella filosofica, la domanda sul «perché» delle cose. La risposta alla domanda sul «come» è verificabile nella realtà; è un giudizio di fatto. La risposta alla domanda sul «perché» non è verificabile nella realtà; è un giudizio di valore. ...

Il liberalismo ha compreso che sono le passioni che muovono la Ragione, non viceversa; che i valori non si fondano né sulla Ragione, né sulla Scienza, ma sono scelte della coscienza individuale; che non può esserci una (sola) base razionale a tutte le convinzioni etiche e persino politiche né, tanto meno, una «razionalità collettiva». Perciò, esso non indulge a astrazioni ideologiche collettive come «popolo», «classe», «razza» e simili, [CzzC: qui si fa confusione a mio avviso, perché il moderno liberalismo, trasformando in diritti anche i capricci emotivi degli individui fino agli uteri in affitto per i gay, induce Obama a fuorvianti paralogismi tra razzismo e contrarietà ai matrimoni gay pro adozioni, arrivando ad equiparare il riconoscimento del matrimonio tra persone dello stesso sesso alla conquista dell’uguaglianza tra neri e bianchi: non indulge a astrazioni ideologiche?] che sono la giustificazione della negazione delle libertà individuali in nome dell' affermazione di astrazioni «etiche», collettive, quali «l' utilità sociale», «il progresso civile» e simili.

Isaiah Berlin - nella sua ricerca delle radici del totalitarismo - denuncia le implicazioni politiche illiberali della LIBERTÀ POSITIVA che sacrifichi la realizzazione di sé associata alle passioni (la «falsa» identità) a quella definita dalla Ragione (l' «autentica» identità). Ma la libertà consiste nel fare ciò che si vuole, cioè anche nella possibilità di sbagliare, [CzzC: la libertà di sbagliare è riconosciuta anche dalla fede, ma senza rinunciare ad un concetto di verità di riferimento e dunque al concetto di errore, redimibile dal perdono; tutt’altra cosa è sublimre l’etica del relativismo come in dizione evidenziata] quale che sia l' interpretazione, autentica o falsa, della realizzazione di sé che se ne dia....

La superiorità della LIBERTÀ NEGATIVA, liberale, è che la libertà «da» è «la» libertà, indipendentemente da quale possa essere l' idea che ne hanno gli altri ...

[CzzC: che "bella" prospettiva per l'umanità sarebbe quella attuata integralmente da tale liberalismo! Per giustificarne il motore economico come "reale e naturale", sublima la «libertà da» (quella detta negativa) come vera ed unica libertà, tace sul totalitarismo della Cina e sulle vessazioni di altri potentati solleticanti più le passioni che la ragione, abusanti del diritto della forza più che reclamanti la forza del diritto anche dei più fragili, proprio mentre dice di temere i totalitarismi; teme che la realizzazione di sé associata alle passioni sia minacciata dall'altruismo moralista. Perché non si vuole palesare il differenziale semantico tra il suddetto liberismo e la libertà contemplata dalla Caritas in veritate? Si aborrisce di dover ammettere radici cristiane per gli aspetti più apprezzati della nostra civiltà, ivi inclusa la democrazia?

 

↑2017.10.28 <sole24h>: Nel 1920 Bertrand Russell incontrò Lenin e fu tra i primi intellettuali a riconsiderare la propria iniziale simpatia per la rivoluzione bolscevica, vedendone gli esiti totalitari. Poi altri riformatori criticarono il comunismo (Orwell, Koestler, Silone, Berlin) da posizioni liberaldemocratiche o liberalsocialiste contrarie all’illusoria idea di società perfetta.