DIALETTO trentino e non solo: significato di alcuni termini

trovo utile il vocabolario online arcopoesia, ma vorrei poter linkare qui, se esistesse, un dizionario online ufficiale del dialetto trentino, per appurare se siano già censite certe parole ed espressioni che qui di seguito annoto rivenienti  dal mio amarcord.

Altri links:, pulcinella, dizionario cembrano, circolo dialettale lagarino.fb, dialetto veneto.

[Pagina senza pretese di esaustività o imparzialità,  modificata 25/11/2024; col colore grigio distinguo i  miei commenti rispetto al testo attinto da altri]

Pagine correlate: significato delle parole; copertina del libro “florilegio di poesie e prose dialettali trentine”

 

Se alcuni dei seguenti termini fossero già censiti in dizionari del dialetto trentino-roveretano, scusa la ridondanza; aiutami a trovare un vocabolario online ufficiale, per favore, e correggimi se trovi errori in questa pagina!

- antivista: preveggente (providet qui praevidet)

- baiarel (e aperta): fanfarone, uno che parla molto e magari anche bene, ma dice cose frivole e/o inconcludenti poco pratiche, poco utili, dispersive (no sta darghe bada a quel lì, l’è en baiarel)

- baroz o biroc (c dolce, o aperta) carretto a due ruote per carichi leggeri, trainato solitamente da un bue (ma anche da mucca in rari casi) attraverso le stanghe e il zovel

- bina: un filare; chiamavamo bine longhe una zona di campagna del mio paese che aveva filari molto lunghi; nel filare di un pergolato con le listole sorrette da pali, la distanza tra due pali si chiamava vargo. Nella zona dell’originario insediamento di Mori (TN) c’è la chiesa di Santa Maria a Bindis o Binde, il cui nome pare derivi dal fatto che colà c’erano lunghe strisce di terra coltivata.

- brevom una brodaglia tiepida composta da crusca, pezzetti di patate, barbabietole, zucca, avanzi di cucina che risultava ghiottissima per la mucca e per il maiale; a volte si aggiungeva un pezzo di panel (mangime)

 bugòz: ad esempio en bugòz de farlèt un insieme (solitamente a forma semi sferica, diametro ~60-120cm) di fogliame ed erica (brentana) raccolto dal sottobosco per sostituire la paglia (più costosa) nella stalla; il bugòz veniva serrato con una rete di spago grosso a maglie larghe (~5 - 10cm) e poteva essere portato a valle rotolandolo zo per i tovi. Il farlèt si poteva trasportare, in alternativa al bugòz, col ninzòl de terlìs, come in  questa foto.fb.

- but: germoglio; magnarghe el but significa mangiare il germoglio come farebbero le capre con le tenere pianticelle impedendo loro di crescere bene

- cera: aspetto nel senso di salute: el ga na bela/bruta cera ha un viso che esprime buona/non buona salute

cetino: bigotto

- curar le vigne: potare le viti, tagliando i tralci ridondanti per lasciare i pochi migliori utili per una produzione di qualità

- el se dema a forza de dai e dai: si rende docile: vale per un materiale inizialmente rigido che si rende più docile per l'effetto di movimenti ripetuti con verso alternato

- embugà: desbugar quel ke l'era embugà: togliere ostruzione ad esempio nello scarico del lavello, o nel tubo dell'aspirapolvere

- embusar (s di sole) la bot de legn: riempire d'acqua la botte fatta con doghe di legno, affinché le doghe, imbibendosi d'acqua, aumentassero di volume e così si serrassero l'un l'altra, costrette dai cerchi in ferro (el zercol, i zercoi) che le avvolgevano, fino a fare tenuta stagna.

- famèi il servitore di casa (domestico) ma anche accuditore del bestiame o dell’orto

 farlèt: fogliame ed erica (brentana) raccolto dal sottobosco per sostituire la paglia (più costosa) nella stalla: veniva trasportato a casa col bugòz o con “en ninzol de terlìs”, come in questa foto.fb

- focol (prima o aperta, seconda chiusa): roncola

 faolenza: l'è en faolenza: è un fannullone, scansa fatiche, svogliato, perdi tempo

- ganf (crampo, tipicamente alla gamba)

- intrante: con tale termine mio nonno definiva un anziano ancora arzillo “l’è ancora intrante, l’è en gamba”; se derivasse da entrante, potrebbe afferire ad una certa capacità dei maschi che a tarda età solitamente decade.

ladra: indica un tubo flessibile usato per sifonare il trasferimento di liquidi da un recipiente ad un altro: tipicamente si usava la ladra per svuotare le damigiane.

- makose (ladino?) capsule di papavero: vedi qui al 2019.12.03

- misora (la) (s di sole, o chiusa): il falcetto

 oro, quello contenuto nella →sfondra; «daghe en po’ de oro e te vederai come la resalta» da’ un po’ di liquame a (una pianta, ad esempio al solanum) e vedrai come si sviluppa rapidamente

- para ‘n là ke ‘l par zapà: sbrigare un lavoro frettolosamente e approssimativamente fintando che sia ben finito.

- pastom un impasto umido, eventualmente semicotto, di crusca ed avanzi di cucina che si dava alle galline (pastone)

- pizighim (far pizighim, prenderne poco ad esempio per risparmiarlo, tipicamente di cibo scarso o prezioso)

- poar le vigne: fissare ai fili della pergola (con una stropa o con rafia o altro legaccio) i tralci rimasti dopo la potatura.

- sarmente (le): fascine di tralci raccolti dopo la potatura delle viti, tagliati o piegati alla lunghezza di circa 70 cm, affastellati con una “stropa” su un diametro di circa 30 cm. Le sarmente venivano accatastate nei “casoti” (baracche o piccole costruzioni in muratura nei campi, rifugio, deposito, con vicino un raccoglitore dell’acqua piovana) o nella legnaia ed usate per accendere il fuoco perché si infiammavano più facilmente delle stele; potevano servire anche come ammortizzatori nel carico a più strati delle damigiane sui camion o messe nelle botti di oro per smorzare l’oscillazione del liquame durante il trasporto.

- sbovo (o aperta) o parabuaze: lo scarabeo

- scrivete zo sto nome: letteralmente annotati giù questo nome; mi sovvien dell'inglese write down this name

 sfondra: pozzetto di circa 1 m³ che raccoglieva i liquami della stalla e/o del gabinetto esterno (cesso), chiamati “oro”, destinati ad essere dispersi come fertilizzante liquido. Nonno Carlone diceva che l’oro umano l’era mem bon de quel dela stala. Ricorda che nel fiorentino c’era una raccolta sistematica dei liquami per ricavare l’ammoniaca che serviva per fare il colorante viola per i tessuti a partire da un’erba che la leggenda racconta essere stata scoperta da un crociato che, urinando, l’aveva vista colorarsi di viola. Vedi il termine sfondra anche nel dialetto veneto.

- sfris: molto ghiotto (l’è sfris de zireze) (2015.01.25 segnalai in facebook dialetto trentino)

- sgarir: spaventare mettendo in fuga disordinata e chiassosa: l'ha sgarì le galine del vizim che le vegniva a sghitar en la so cort (ha cacciato via le galline del vicino che venivano a cacare nel suo cortile).

- slambrot: indica una lingua quasi incomprensibile; con tale termine si indicava il dialetto degli abitanti di Terragnolo la cui origine risalirebbe ai Cimbri.

- simpitie dele done: letteralmente simpatie delle donne, ma significa capricci delle donne, frivolezze o eccessi di estetismo formale rispetto alla concretezza delle argomentazioni: un'espressione un po' maschilista.

- strope (le) (o aperta): i rametti di salice selvatico, detto el salgher, coltivato solitamente lungo i fossi o in luoghi umidi, diverso dal salice piangente e dai cespugli detti i marini; sono di colore rossastro, lunghi circa 2 metri, con sezione alla base di circa 8 mm, esili all’altra estremità. La parte più grossa serviva per legare le sarmente o per fissare al primo filo della pergola i tralci più grossi della vite; la parte più fine serviva per fissare al filo della pergola i tralci più sottili. Il fissaggio avveniva con un nodo che doveva essere stretto sul filo per evitare lo scorrimento indotto dal vento, ma non stretto sul tralcio per evitare che si strozzasse in accrescimento; tale operazione era detta poar le vigne, mentre il taglio dei tralci ridondanti era detto curar le vigne

 terlìs: tessuto grezzo fatto con canapa/juta, usato ad esempio per avvolgere prodotti agricoli (fieno o farlèt come in questa foto.fb): poteva essere usato anche come lenzuolo per coprire la paglia onde fare un giaciglio per i poveri che venivano ospitati nella stalla: vedi amarcord.

tignir dala spina e molar dal borom: cercare di tamponare le piccole perdite senza avvedersi che la botte spande dal tappo principale

- tira en là ke 'l par zapà: per rimuovere le erbacce infestanti si dovrebbe zappare bene in profondità, ma costa fatica: il furbetto faolenza finge di aver zappato bene il terreno semplicemente tirando qua e là la zappa per smuoverlo solo in superficie; assomiglia al detto che "la terra può nascondere gli sbagli dei dottori come la malta quelli dei muratori"

- traie o zane: cianfusaglie, soprammobili ridondanti, ..., (el ga el sito pien de traie)

- tuim: aria viziata dalla presenza di troppe persone e/o da carenza di igiene come in certi dormitori pubblici, tanfo; «la matina ghera en tuim ...»: vedi amarcord alla data 2016.02.07

- vinarola: recipiente di legno a forma di brenta ma con bordo basso e ulteriormente ribassato su 90 gradi per infilarla sotto la botte da dove le si faceva zampillare dentro il vino per la travasatura che si eseguiva attingendo dalla vinarola con una pompa o a mano col bazom

- zeruk: dal tedesco zurück = indietro. Usato come comando all’animale (bue, mucca) da traino per farlo indietreggiare.

- zoka: pezzo di tronco grezzo che si presta a un fuoco durevole con tanta brace o a lavorazioni artistiche, o ...; vedi Presepi di Giuliano, vedi la zoka de Nadal

- zovel (el) (o chiusa, e aperta): giogo

 

2024.11.24 «al diaol bisogna farghe le feste» aforisma dialettale passatomi da NC  quando oggi gli raccontai quanto appresi circa la cattiveria di alcune persone che turbando la vita dei vicini, a lor dire «per el gusto de roterghe le bale», con accanimento sostenuto anche da famelico-cinici oliati avvocati (talvolta perfino da giudici “amicati”) abili a lucrare sul contenzioso fino a gonfiare come pretesa di diritto quella che, invece, potrebbe configurare una lite temeraria. L’aforisma vorrebbe significare che, quando tu avessi a che fare con soggetti della specie per ottenere una concessione o qualcosa che ti spettasse anche di diritto, forse, anziché prenderli di punta, magari con avvocati, potrebbe essere meglio cercare di blandirli, perché il diavolo è perfido, astuto, ha grasso che cola da bruciare per molestare le creature di Dio, ma è anche vanitoso: gli piace sentirsi adulato.

 

2024.10.08 questa bella foto/fb (un uomo portava in spalle “en ninzol de terlìs pien de farlèt”), mi ha fatto ricordare l’accoglienza che sperimentavo nella mia casa natale quand’ero bambino (195x): non di rado accadeva che a cena si fermasse da noi uno di quelli che allora chiamavamo “i poreti” e che oggi chiamiamo barboni: una sera feci una domanda al barbone che annoto qui assieme alla risposta.

 

↑2022.02.02 Qualcuno a Sanremo 2022, ri-raschiando il fondo della sfondra delle stravaganze, sarà rimasto deluso che i credenti offesi non lo abbiano commentato con la parola blasfemia, attesa per incremento pubblicitario da chi l’aveva studiata a tavolino; mi piace come l'<osservatoreromano> abbia usato la parola trasgressione: "non c'è stato nella storia un messaggio più trasgressivo di quello del Vangelo: un grande artista rock come David Bowie recitò il Padre Nostro in ginocchio ... Non ci sono più i trasgressori di una volta". [CzzC: plaudo al coraggio e all'ironico doppiosenso con cui l'OR usa la parola "trasgressione", laddove altrove certi giornalisti diocesani ai trasgressori di oggi darebbero il foglio rosa teologico]