SHARIA NEI TRIBUNALI DELLA GERMANIA: una giustizia islamica parallela condiziona quella ordinaria

Vedi libro di Thilo Sarrazin La Germania distrugge se stessa oppure del giornalista Joachim Wagner: Giudici senza legge. La giustizia parallela islamica minaccia il nostro stato di diritto (Verlag Econ Berlin 2011, 240 pagine).

[Pagina senza pretese di esaustività o imparzialità, modificata 11/10/2020; col colore grigio distinguo i miei commenti rispetto al testo attinto da altri]

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2018.09.26 <italiaisraele> L’islam dominerà in Svezia entro 50 anni” dice questa rifugiata somala, Mona Walter. In Somalia, Mona non era religiosa, ma in Svezia è stata costretta dalla sua comunità ad andare in moschea e indossare l’hijab. La prima cosa che faranno è richiedere i tribunali della sharia, come nel Regno Unitoe in Germania.

 

2011.10.19 Tratto da #41 di Tempi.it: L’indagine del giornalista JOACHIM WAGNER: La sharia arriva in tribunale

In Germania esiste ormai una giustizia islamica parallela che condiziona quella ordinaria. Lo Stato di diritto vacilla sulle macerie dell'integrazione.

E’ passato più di un anno dall’uscita del libro di Thilo Sarrazin La Germania distrugge se stessa e il dibattito tedesco intorno all'islam risulta stagnare in un’infruttuosa guerra di posizione, dove a combattere su fronti opposti sono da un lato quelli che "capiscono" l'islam e dall'altro i cosiddetti "islamofobi". Gli strumenti usati in questa guerra sono per lo più astrazioni, mezze verità, risentimenti e giudizi moraleggianti. Più che argomentazioni si leggono ed ascoltano slogan, al posto della percezione della realtà prevalgono le convinzioni personali. Totalmente fuori dal coro risulta così la voce del giornalista Joachim Wagner (1943), già caporedattore del canale televisivo di stato Ard e autore del libro Giudici senza legge. La giustizia parallela islamica minaccia il nostro stato di diritto (Verlag Econ Berlin 2011, 240 pagine). Wagner disegna infatti con tono oggettivo, senza polemica, ma nello stesso tempo in forma incisiva e puntua le, quel fenomeno sconosciuto che è il diffondersi di una giustizia ombra di stampo islamico al cui centro vi sono i cosiddetti giudici di pace, "conciliatori" solo per grazia propria, senza formazione e senza legale legittimazione, i cui distretti di competenza sono i quartieri di migranti a maggioranza islamica di Berlino, Brema, Essen e di altre zone ad alta concentrazione di popolazione con immigrati d'origine turco-araba.

Un lavoro quello di Wagner, cui qualcuno potrebbe contestare la mancanza di dati Scientificamente attendibili, senonché dell'assenza di quei numeri bisognerebbe chiedere conto alle autorità tedesche, responsabili di aver lasciato proliferare un'inquietante zona d'ombra nel sistema di giustizia del paese.

   «Con questo libro – precisa a Tempi il giornalista - descrivo ed analizzo quella giustizia parallela musulmana che ha preso forma negli ultimi anni in Germania. Questa giustizia si fonda su tre colonne: la conciliazione, il risarcimento e il far farsi giustizia da sé». I cosiddetti “conciliatori", che sono soliti condurre le loro trattative in sale da tè, in appartamenti privati o dentro le moschee, traggono la loro autorità dall'antico diritto della stirpe, il loro prestigio dai potenti clan familiari e dall'uso della sharia, delle norme e delle regole del diritto islamico. Talvolta si tratta di imam, spesso però anche di "uomini d'affari" essi stessi immischiati con la criminalità organizzata dei clan curdo-libanesi o turchi.

«In sostanza i conciliatori, o giudici di pace, s'impegnano a risolvere le controversie matrimoniali e familiari, oppure fanno opera di mediazione tra vittima e colpevole durante un procedimento penale, ma standosene per così dire in secondo piano. Nelle conciliazioni che seguono i reati di regola il principio guida è che la famiglia del colpevole versi del denaro alla famiglia della vittima ricevendo come contropartita la garanzia che chi ha subito il torto non testimoni alcunché di quanto successo, oppure modifichi la propria dichiarazione rilasciata originariamente alla polizia, relativizzi quanto accaduto, o di fronte al giudice neghi la propria deposizione con l'aiuto di uno stratagemma giuridico. Con questa falsificazione degli elementi probatori la giustizia penale tedesca viene del tutto scavalcata: viene costretta ad assolvere e ad archiviare».

Wagner racconta come spesso la giustizia islamica dal punto di vista temporale corra parallela al procedimento penale ufficiale e come non di rado si sviluppi una vera e propria competizione, con la giustizia tedesca nella parte del perdente.

Prendendo come esempi sedici procedimenti agli atti e molti colloqui con giudici, pubblici ministeri, ufficiali di polizia e non da ultimi con esperti d'islam, Wagner descrive come l'istanza penale dello Stato di diritto venga rifuggita ed ostacolata. In ballo c'è il denaro, quasi sempre il potere, che è la valuta più importante in quelle strutture mafiose. Tra i casi raccontati nel libro spiccano quelli nei quali il clan di appartenenza del protagonista di un atto di violenza si presenta addirittura accanto al letto della vittima per convincerlo che è molto meglio abbandonarsi ai "conciliatori" della sharia che al pubblico ministero tedesco. Non a caso, durante le istruttorie, viene fatto uso sempre più spesso del diritto a non rispondere: «Attraverso gli avvocati - ha dichiarato il capo della sezione Criminalità organizzata di Brema, Wilhelm Weber - si sta introducendo la sharia in forma strisciante». Chiediamo dunque a Wagner se questo sia un reale pericolo per lo stato di diritto: «La giustizia parallela è un pericolo perché le corti non possono più applicare nel proprio ambito particolare il loro diritto a punire. Se non esistono prove materiali la giustizia penale è costretta spesso a capitolare. Ne11'87 per cento dei casi che ho analizzato ho riscontrato assoluzioni o archiviazioni».

I frutti dell'integrazione fallita

Impossibile non chiedersi dunque quale sia il significato di questa situazione nel contesto del dibattito intorno all'integrazione in Germania: «Nel contesto della giustizia penale - spiega Wagner - l'operare di una giustizia parallela è il risultato di una integrazione fallita. Gli interessati si rifiutano di riconoscere la legge tedesca e di sottoporsi ad essa. Preferiscono regolare i conflitti tra di loro, in conformità con la loro tradizione. La soluzione dei conflitti non si fonda sulla raccolta di prove o sulla determinazione di colpevolezza: in questo modo viene attaccato il nocciolo stesso del nostro Stato di diritto».

   Altro aspetto inquietante sottolineato da Wagner è quello che vede i "concilia latori islamici essere sempre più protagonisti dei processi, fino a diventare veri e propri “signori”. Quanto più le dispute, in particolare quelle familiari, risultano complicate,, tanto più sono le stesse autorità tedesche a chiedere aiuto agli onnipotenti risolutori di conflitti, perché riconosciuti come "autorevoli" dai clan in conflitto. Ed è così che sempre più spesso i "conciliatori" islamici fanno ingresso perfino nelle aule giudiziarie. È nella città di Essen che una simile forma di collaborazione è stata indicata come modello.

«il limite di questa cooperazione – ha scritto Wagner - si manifesta quando i giudici di pace iniziano a manipolare le prove acquisite nel procedimento penale, influenzando i testimoni ... facendo di tutto pur di ottenere quanto da loro desiderato». «Il sistema di diritto viene scavalcato», ha dichiarato a Wagner il capo della sezione criminale di Berlino, Carsten Wendt. «Lo Stato di diritto tedesco è troppo debole - riprende l'autore - per tenere testa alla combinazione di silenzi, menzogne e minacce che caratterizzano certi contesti». Lo spazio per elaborare una soluzione è limitato ma urgente: «I giudici di pace dovrebbero essere perseguiti per le loro elusioni dalle pene. La polizia, i pubblici ministeri e le corti dovrebbero fare maggior chiarezza sulle circostanze sospette, sicuramente più di quanto non abbiano fatto finora, e dopo un evento delittuoso le vittime dovrebbero essere ascoltate il più rapidamente possibile così che il valore probante della loro dichiarazione venga meglio conservato fino al dibattimento. Ma non c'è dubbio che lo strumento più efficace per combattere la giustizia parallela sarebbe una migliore integrazione dei cittadini musulmani».

Vito Punzi

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