MARCELO BARROS: la teoglib dell’osmosi con la natura, binomio ecologia-spiritualità

<wikipedia>: n1944 monaco benedettino, teologo della liberazione. Da VT#37/2010 il suo sermone: una visione di comunione col cosmo. E’ la necessità improcrastinabile dell’affermarsi del binomio ecologia-spiritualità. L’osmosi con la natura è un bisogno insopprimibile, una prerogativa dello spirito. Non nella coazione di sfruttarla a fini di lucro, ma nella possibilità che essa ha di generare e rigenerare la vita, nella sua contemplazione, nell’intatto stupore che sempre suscita quando la si incontri con occhi e cuore disponibili e “fanciulli” [CzzC: altro che salvezza portata da Cristo, Caritas in veritate, bisogno di Dio, stupore dell'incontro con Cristo qui innominato, dipendenza della Creatura dal Creatore come un fanciullo dipende dalla madre. Comunque, se tu volessi intendere la salvezza di Cristo e la spiritualità del cristianesimo come osmosi e binomio con la natura, potresti ispirarti, oltre a quello in titolo, anche ad un altro teoglibone: Luiz Carlos Susin]

[Pagina senza pretese di esaustività o imparzialità, modificata 04/04/2022; col colore grigio distinguo i miei commenti rispetto al testo attinto da altri]

Pagine correlate: Teoglib e TeoEcologia, rottura, Leitmotiv, catechesi confondente, ben altra la LaudatoSi’

 

↑2010.09.26 < VT#37 Pag 9: Personaggi> vedi anche triplice inno alla teoglib.

di Roberto Moranduzzo

Questo mondo senz'anima: Marcelo Barros a TN incoraggia a riscoprire la dimensione spirituale [CzzC: se pensi che parli di Cristo figlio di Dio salvatore dell’umanità, leggi per subbiarti]. Nell'incontro promosso da Rete Radiè Resch, Cooperativa Villa S. Ignazio e Diaconia della Fede [CzzC: sempre Villa S. Ignazio] il teologo brasiliano parla delle nevrosi del nostro tempo e della necessità di un'osmosi con la natura

[CzzC primo di 3 inni alla TdL in questo numero di VT; clic qui per il 2°]

  Un invito a riscoprire la spiritualità presente in ogni persona, ma che questa civiltà in cui siamo immersi tende a svilire e sottovalutare. Spiritualità intesa come soffio, respiro, aspirazione profonda di ciascuno. “Ritrovare una nuova visione amorevole dell’essere umano con la natura”. E’ il messaggio lanciato da Marcelo Barros, teologo della liberazione brasiliano, in un affollato incontro a Villa Sant’Ignazio sul tema “Dalla paura alla speranza”, organizzato dalla Rete Radiè Resch, dalla Cooperativa Villa S. Ignazio e da Diaconia della Fede. E proprio sulla paura come stato d’animo individuale e collettivo si è intrattenuto Barros parlando di un’epidemia diffusa, una “nevrosi del nostro tempo”, un tempo in cui sembra che la società, a diverse latitudini, abbia perso l’anima.

    E’ possibile vincere la paura?, si è chiesto. Per tentare di farlo, bisogna cambiare radicalmente prospettiva. Riprendendo Alexander Langer che alla triade di stile gladiatorio: citius, altius, fortius (più veloce, più alto, più forte) contrapponeva il suo pensare ed agire lentius, profundis, soavis (più lento, più profondo, più dolce) come un minimo comun denominatore per invertire una rotta che porta al baratro e ritrovare sé stessi nella comune umanità. Per Marcelo Barros occorre superare l’individualismo, perché insieme ci si sente rincuorati e sulla giusta strada, e mirare ad una maggiore sobrietà di vita. Oltre che avere un progetto: “Una persona senza un progetto perché vive? Che senso ha la sua vita?”, si è domandato rimandando l’interrogativo ai presenti. Avere un obiettivo, una meta di vita, vuol dire “avere una stella che ti guida nella notte”. E questa stella – per il biblista Barros - è la spiritualità, religiosa o laica è secondario: l’importante è essere consapevoli che ogni persona, se vuole vivere bene, deve saper cavare da sé il meglio [CzzC: è ovvio che dobbiamo sfruttare tutti i doni che ci ha dato il Signore, ma qui MB ci sta proponendo un uomo artefice della sua fortuna, altro che creatura di Dio che gli si rivolge con un “sei tu che mi fai”; se S.Agostino potesse, gli si sottrarrebbe per essere stato usato indebitamente a stampellare un teoremino TdLlino] e il meglio si trova “in interiore homine”, dentro di sé, per dirla con Agostino.

   Ecco che allora l’uomo spirituale (che sa guardare oltre la materialità, pur tenendola in debito conto) fa emergere in lui quella che Marcelo Barros ha chiamato “l’energia d’amore”, una visione non proprietaria delle cose (“sulla terra non siamo proprietari, ma ospiti”), la disponibilità agli altri, una visione di comunione col cosmo. E’ la necessità improcrastinabile dell’affermarsi del binomio ecologia-spiritualità. L’osmosi con la natura è un bisogno insopprimibile, una prerogativa dello spirito. Non nella coazione di sfruttarla a fini di lucro, ma nella possibilità che essa ha di generare e rigenerare la vita, nella sua contemplazione, nell’intatto stupore che sempre suscita quando la si incontri con occhi e cuore disponibili e “fanciulli” [CzzC: altro che salvezza portata da Cristo, Caritas in veritate, bisogno di Dio, stupore dell'incontro con Cristo qui innominato, dipendenza della Creatura dal Creatore come un fanciullo dipende dalla madre]

   Marcelo Barros rifugge da quadretti idilliaci e disancorati dalla realtà. [CzzC: chi li usa invece secondo lui ? Forse sta pensando alla Gerarchia cattolica qui innominata come innominato è il Cristo salvatore? In buona compagnia, peraltro: anche l’esimio verzeiano Mancuso, invitato a Rovereto pagato con soldi diocesani, sostiene che non è necessario credere nella resurrezione di Cristo per essere salvi e che la funzione soterica della resurrezione di Cristo è stata inventata postuma dai cristiani, mentre i primi cristiani consideravano la resurrezione di Cristo solo come il suo più grande miracolo]. E' stato collaboratore del vescovo di Recife Helder Camara, frequenta le favelas, sa quanta violenza provoca e moltiplica una vita di privazioni e povertà [CzzC: laici ed ecclesiastici che diffidano dei TDLlini, ovviamente, non sanno queste cose, anche se ad esempio hanno avviato un progetto di recupero delle favelas a Salvador de Bahia che si è dimostrato valido al punto da ottenere uno dei più importanti finanziamenti della Banca Mondiale]. Il suo richiamo pressante è al contempo alla sobrietà e allo stile comunitario nel rispetto del creato: disboscamento dell’Amazzonia, accaparramento delle terre, cacciata dei contadini poveri sono suoi (suoi e dei suoi confratelli) fronti di lotta a fianco dei soggetti sociali che si battono per il cambiamento sociale in nome di diritti fondamentali. La resistenza dei Sem terra [CzzC: non narra che migliaia di aderenti a “Trabalhadores sem Terra”, avvedutisi che l’ideologia li miopizzava, hanno incontrato in massa nientemeno che gli innominabili …], l’orgoglio dei popoli indigeni nel rivendicare le loro culture e l’habitat dove vivono da sempre sono il suo pane quotidiano di convivenza e vicinanza con gli oppressi. Marcelo Barros lungo quei crinali di comunità e gruppi che si battono per la loro dignità, è intransigente. E duro. Senza perdere la tenerezza.

 

↑2003.06.07 traggo da cdbChieri/adista <adista> eucaristia: comunione o atto di esclusione? Lettera aperta del monaco Marcelo Barros a GP2°: con commenti molto critici sull'ultima enciclica papale, "Ecclesia de Eucharistia". Il monaco benedettino p. Marcelo Barros, noto teologo della liberazione brasiliano, è priore del Monastero dell'Annunciazione a Goiás Velho, nello Stato brasiliano di Goiás.