RIASSUNTO della conferenza di Vito Mancuso a Rovereto 16/03/2009

Se l’autore ritenesse indebita la pubblicazione della seguente trascrizione, me lo dica e rimuoverei la pagina. Rileggendo nel 2024 annoto una domanda riguardo alla rivoluzione teologica in progress: quanto attingerà dalla teologia mancusiana trasudante dalla conferenza in titolo?

[Pagina senza pretese di esaustività o imparzialità, modificata 01/04/2024; col colore grigio distinguo i miei commenti rispetto al testo attinto da altri]

Pagine correlate: 6 incontri su San Paolo con anche Paolo Ricca, Marinella Perroni; dissenso, protestantesimo, ermeneutica di rottura

 

Paolo nei confronti degli Ebrei  proclamerebbe la “→#Teologia della sostituzione” (prima gli eletti erano gli Ebrei, ora siamo noi, «Israele non ha ottenuto quello che cercava; lo hanno ottenuto invece gli eletti; gli altri sono stati induriti») con espressioni così dure contro gli Ebrei da far dichiarare a qualcuno che il pensiero di Paolo porta in sé la potenzialità dell’antigiudaismo e dell’antisemitismo.

 

Paolo è stato grande nell’esaltare

ž  la LIBERTÀ dello spirito, la libertà dalla “lettera” dei testi (C’è una modalità di accostare i testi alla lettera che può essere catastrofica … a partire dalla Bibbia possiamo giungere alle letture più frastagliate… Nessuno oggi sa quante siano di preciso le sette e le chiese protestanti, un numero … proprio quelle chiese che fanno del principio della scrittura l’unico vero principio sono le più divise, proprio a dire come la scrittura RICHIEDA, per essere veramente letta  e interpretata un principio ESTERNO ad essa)

ž  il primato dell’AMORE, caratteristica peculiare del Dio Cristiano, nulla di più alto, che Poalo chiama agape per distinguerlo da eros e da flilìa

Ma nel sottolineare il primato dell’amore, Paolo non è originale, perché tale primato viene affermato anche da altre culture, basti leggere i pensieri di Marco Aurelio (“ama gli uomini tra cui ti è toccato vivere, ma amali veramente”). E questa citazione ci conduce al centro della conferenza: uno come Marco Aurelio per Paolo che fine fa? Come verrà trattato da Dio secondo Paolo?

 

→#TEOLOGIA DELLA CROCE. In Paolo abbiamo a che fare con la teologia della croce, secondo S. Paolo il fondamento oggettivo della salvezza è la redenzione che ci viene dalla croce di Gesù, per cui se non si partecipa alla croce di Gesù, non c’è verso di essere salvati. «Dio lo ha prestabilito come strumento di espiazione (inasperion) nel suo sangue, a manifestazione della sua giustizia, per la remissionedei peccati»; «senza spargimento di sangue non esiste perdono». La teologia della croce è il cuore del paolinismo e da qui nasce il protestantesimo nella sua essenza profonda, c’è tutto un filone che parte da Paolo, poi Agostino, poi Lutero, Kirkegaard, Bart,  che insiste su due cose:

ž  sulla opposizione fortissima che esiste tra uomo e Dio: tutto ciò che l’uomo fa con la sua libertà, con la sua volontà di giustizia è comunque radicalmente peccaminoso, fonte di corruzione;

ž  l’unica salvezza che agli uomini possa essere data è tramite il sangue innocente di Cristo.

Ecco il senso ultimo della teologia della croce.

 

E cosa avrebbe pensato Gesù di queste impostazioni? Non ci sono dubbi che ci sono dei testi evangelici che presentano la salvezza sotto la forma della redenzione ottenuta mediante la morte di Cristo. Ci sono però nei Vangeli altri testi (Capitolo 3 di Giovanni, - uno dei testi più importanti di tutta la storia dell’occidente, senza quella lettera l’Occidente sarebbe diverso, bisogna leggerla - Matteo 5,7, Matteo 7,1-2, Padre Nostro, …) che invece non sono in questa prospettiva, non sono coerenti con la teologia della croce di Paolo, che al contrario promettono la vita non alla croce ma alla giustizia; perché la mia profonda convinzione è che la vita eterna non dipende dalla croce ma dipende dalla giustizia. Questi altri testi, secondo me, attestano come a Gesù di Nazaret questa visione della redenzione - come legata al sangue versato, come del tutto slegata dalle opere della legge - non sarebbe piaciuta molto.

E quei testi all’interno dei Vangeli che presentano la prospettiva diciamo così paolina? Per esempio quando dice che il figlio dell’uomo è venuto per dare la vita in riscatto per molti? E’ probabile che queste parole siano state messe sulla bocca di Gesù dalla comunità cristiana successiva

 

In conclusione: guardando il Nuovo Testamento noi posiamo trovare una prospettiva, quella di Paolo, secondo la quale la vita viene effettivamente dalla croce, la salvezza c’è solamente perché il sangue innocente di Cristo è stato versato, ma il mio pensiero che ritengo essere più vicino alla impostazione di Gesù stesso è invece  una prospettiva che non dice “teologia della vita derivante necessariamente dalla teologia della croce”, ma lega la vita all’esercizio della libertà come giustizia. [CzzC: l’errore a mio avviso sta nel presentare le due ermeneutiche della salvezza come mutuamente esclusive, mentre sono sinergiche: penso di capire Mancuso come se qui volessi mirare ad affermare la pari dignità dell’etica senza trascendenza; io non intendo affermare che la mia fede è superiore alla sua, ma nemmeno rinunciarla per evitare di sentirmi superiore agli altri affermando che Gesù è figlio di Dio, nato da Maria Vergine morto e risorto per la nostra salvezza]

 

Domanda 1: contrapposizione tra Gesù e Cristo, si tratta del Paolinismo o di Paolo?

Mancuso risponde.

Per quanto riguarda la risurrezione essa è giunta successivamente a giocare un certo ruolo all’interno del discorso cristiano, proprio dal punto di vista soteriologico: per secoli e secoli si pensava alla resurrezione era il trattato di apologetica, era lì che si pensava la resurrezione non era un misterio salvifico, era semplicemente la prova, la più grande prova che Gesù ha dato di se stesso e della verità del suo messaggio.

 

Domanda 2: la giustizia annunciata era diversa da qualsiasi precedente. Gesù afferma che la morte non è l’ultima parola; quanto al sacrificio, comune a tante religioni, alcune molto cruente, Gesù ha interrotto la spirale della violenza legata al sangue, ha lasciato un sacrificio incruento (pane e vino). Mancuso risponde.

La logica della croce è che noi Cristiani non possiamo fare a meno delle Croce, ma c’è una modalità di concepire la Croce dall’alto e una dal basso:

1)     concepire la croce dall’alto

significa che il senso della venuta del figlio di Dio è quello di morire sulla Croce. Io credo che Gesù sia risorto, ma non c’è bisogno della risurrezione di Gesù per dire che la morte non è l’ultima parola, se anche Gesù non fosse risorto, la morte lostesso non sarebbe l’ultima parola. E per quanto riguarda la non violenza, dobbiamo capire che per secoli la nostra religione ha avuto fenomeni di violenza generati dallo stesso cuore istituzionale cristiano. Occorre fare quel lavoro di cui parlava prima A.Martinelli, di pulizia, di riordinamento, di venire a patti con la nostra storia, non bastano i semplici “mea culpa”, nobilissimi peraltro.

 

Domanda 3: Non mi ha molto convinto la contrapposizione tra la teologia della croce e il discorso delle beatitudini/opere, perché la teologia della croce  porta nelle opere e implica la misericordia di Dio. Non riesco a vedere perché ci debba essere una contrapposizione così dura tra la teologia della croce e la teologia delle opere della misericordia. Come non mi ha convinto che la reazione di Paolo contro gli Ebrei fosse una forma di antiebraismo e non solo di antigiudaiusmo in senso religioso. Questa contrapposizione mi ha portato una confusione.

Mancuso risponde

Anch’io sono convinto che ciascuno di noi sarà salvato innanzitutto dalla misericordia di Dio. Il punto però è il far dipendere la misericordia di Dio dall’evento della croce, pensare che la croce è ciò che placa l’ira di Dio, se Dio per essere misericordioso ha bisogno di quella morte. E qual è l’essenza di Dio? Il bene e la giustizia”. Oggi la teologia dice no all’amartiocentrico, cioè a dare un’importanza tale al peccato dell’uomo da rendere addirittura impotente la misericordia di Dio, fino a rendere poi necessario il riscatto mediante la croce.

2)     concepire la croce dal basso

Poi bisogna ricordarsi che c’è la croce dal basso, che significa che la storia è un postaccio, che a volte essere coerenti con l’impegno a vivere fedeli alla giustizia, alla coerenza, al bene, all’onestà, questo ti porta a volte sì a subire una croce, e a volte a rimetterci anche la vita. Da questo punto di vista la croce di Cristo assume un valore enorme, come simbolo concreto che accoglie tutti i martiri e le vittime per il bene e la giustizia che ci sono state e che ci sono in questo nostro mondo. Da siciliano ragiono su questo intendimento ricordando Giovanni Falcone e Paolo Borsellino: sì, non è stato crocifisso, in via d’Amelio lo hanno fatto saltare per aria col tritolo, ma insomma … Certamente c’è un valore della croce dal basso, … Oscar Romero … ma quanti ce ne sono di crocifissi.

 

 

Appendice aggiunta da Czz traendo da rassegna stampa

 

A proposito di “certe tesi” sostenute da Mancuso, leggiamo quanto scrive il 19/04/2009 Enzo Bianchi riconosciuto «amico da lunga data» da Mancuso, «le risoluzioni che propone Mancuso si collocano nello spazio della gnosi… in un approccio simile c’è veramente poco ascolto dei cristiani e della loro fede».

 

A rafforzamento della sua tesi, il 28/04 Mancuso scriveva su Repubblica «La salvezza pensata in dipendenza da un evento storico produce necessariamente la teologia dell'extra ecclesiam nulla salus… Come sostenere la dipendenza della salvezza da una storia particolare? Lo si può fare solo a prezzo di "miserabili artifizi", "salti logici clamorosi"… occorre superare la superstizione della cronologia…; contrariamente… al cristianesimo paolino sostenente la necessità per la salvezza di una rivelazione particolare, io sostengo… che ogni momento della storia è capace di salvezza».

 

Ed Enzo Bianchi il 03/05 su La Stampa torna in merito «L’evento della morte-risurrezione di Gesù per i cristiani è l’unico evento di salvezza, un evento di portata universale: “Cristo è morto per tutti - ricorda il Concilio“ (Gaudium et spes)… Questa visione della storia di salvezza non si nutre di «miserabili artifizi, né di salti logici clamorosi», ma nasce dalla visione consegnataci dall’Antico e dal Nuovo Testamento in cui un popolo marginale, Israele, un ebreo marginale, Gesù, una comunità marginale come la Chiesa non sono una delle storie possibili, ma la storia scelta da Dio per fare alleanza con tutta l’umanità».