L’aumento del DEFICIT PER SPESA CORRENTE anziché per investimenti brucerebbe possibilità di lavoro dei nostri giovani, già precaria, oltre che i risparmi, aumentando il rapporto debito/pil

Newsletter 2018.10.31 al gruppo di mini rassegna stampa per amici.org.

[Pagina senza pretese di esaustività o imparzialità, modificata 03/11/2018; col colore grigio distinguo i miei commenti rispetto al testo attinto da altri]

Pagine correlate: occorre ridurre, non aumentare, il latrocinio generazionale causato dall’enorme rapporto debito/pil montato nei 25 anni dopo il ‘68 con una sconsiderata spesa corrente in deficit

 

   Il promesso aumento del deficit accadrebbe nel 2019, ma già vediamo aumentare la disoccupazione e rallentare la flebile crescita, mentre fuggono dall’Italia decine di miliardi di euro con investitori e risparmiatori preoccupati che l’aumento della spesa corrente (prospettato dal reddito di cittadinanza e dai prepensionamenti) faccia sì che l’Italia perda solvibilità (cioè che il suo debito appaia meno sostenibile) sbagliando come i governi post68ttini, che montarono in pochi lustri quel folle debito pubblico i cui interessi bruciano l’ossigeno che ci servirebbe per la crescita

 

   Torno sul pericolo del debito pubblico italiano perché lo considero la causa principale della violazione dei diritti dei nostri giovani, mediamente castigati rispetto ai padri nelle prospettive di occupazione, retribuzione e welfare. Per una diagnosi accurata del problema occorrerebbero tempo e competenze di macroeconomia che non ho io e nemmeno tanti amici che leggono, ma, a costo di apparire contabilmente banale, tento un’analogia da contabilità familiare per facilitare l’intendimento.

 

- Abbiamo un debito pubblico di 2.300 miliardi di euro: pur con tasso medio (2,8%) tenuto basso dalla agevolazione della BCE (che sta per finire), stiamo pagando all’anno 65 miliardi di euro di interessi sul debito (tanto quanto ci costa tutta l’istruzione,  3/5 di 150 miliardi-costo del servizio sanitario nazionale): se il tasso medio dovesse salire al 3% trascinato dallo spread, dovremmo sborsare per interessi 4 miliardi in più, circa il costo italiano della TAV Torino-Lione.

 

- Se prendiamo i 2.300 miliardi di debito pubblico e li dividiamo per 1.700 miliardi di pil, ottieniamo un rapporto debito/pil del 135%, il più alto dei paesi euro dopo la Grecia: è tale rapporto che l’Europa ci chiede di ridurre da anni, ed invece l’Italia si appresterebbe ad aumentarlo ulteriormente; è vero che anche con un deficit del 2,4% il suddetto rapporto non aumenterebbe se il pil aumentasse di pari passo, ma chi potrebbe credere che nel 2019 il pil italiano cresca del 2%, se buttassimo miliardi nella spesa corrente anziché in investimenti produttivi, mentre torna ad aumentare la disoccupazione, l’asta BOT specialisti di ieri è andata deserta e la BCE non potrà più tenere basso il tasso di interesse sul nostro debito comperando lei i BOT che il nostro tesoro non riuscisse a vendere in asta?

 

   Per il bene dei miei figli prego affinché i nostri governanti, se proprio si incaponissero a far deficit sopra il 2%, impieghino il relativo indebitamento per più investimenti produttivi (ci sarebbero esigenze a iosa nelle infrastrutture, nella ricostruzione e tutela ambientale, nella riduzione del costo del lavoro, nell’efficientamento amministrativo e giudiziario, nella lotta all’evasione fiscale, ...), sterilizzando le loro ambizioni-illusioni sull’aumento di spesa corrente per reddito di cittadinanza e prepensionamenti: intanto pare che ne differiscano l’avvio e ne riducano il perimetro di applicazione; la saggezza ben più della sconsideratezza gioverebbe anche nella macroeconomia che tutelasse il bene comune: quello vero non è solo degli attuali adulti, ma anche quello delle generazioni successive.

 

   Una diagnosi senza speranza di guarigione? Tutt’altro: a prescindere dal fatto che altri prima di noi (ad es. Grecia e Portogallo) hanno sperimentato una terapia efficace (con ineluttabile sacrificio dei presenti a sollievo, non ad aggravamento, del debito sui posteri) l’Italia potrebbe guarire analogamente, ad esempio, iniziando a fare giustizia intergenerazionale: la generazione che ha montato alla follia il nostro debito pubblico è quella che gode adesso di pensioni mediamente immeritate rispetto ai contributi versati (260 miliardi è il peso annuo delle nostre pensioni): se la giustizia è uguale per tutti, si avvii un piano di perequazione intergenerazionale che ricalcoli le pensioni sulla base dello stesso criterio imposto ai giovani: con i risparmi ottenuti si potrebbe normalizzare il debito pubblico nell’arco di un ventennio, il tempo impiegato dalla attuale generazione per farlo esplodere.

 

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