CURDI MASSACRATORI DI ARMENI nel genocidio del 1915

Il padre di Pietro Kuciukian (attuale Console onorario della Repubblica di Armenia in Italia) venne in Italia da Istanbul nel 1915, durante il genocidio degli armeni perpetrato dai Giovani Turchi: membri di quella famiglia armena furono salvati grazie a un amico turco che dirottava i massacratori curdi inferociti, spergiurando che lì non abitava nessun armeno.

[CzzC: da come i Curdi oggi 2015 salvano i cristiani e gli altri perseguitati dall'Isis, a loro volta perseguitati da Erdogan, ritengo che i Curdi sarebbero disposti ad ammettere le loro responsabilità nel genocidio armeno assai più e prima dei negazionisti tifosi di Erdogan]

[Pagina senza pretese di esaustività o imparzialità, modificata 04/12/2022; col colore grigio distinguo i miei commenti rispetto al testo attinto da altri]

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2010.11.gg Da Il Trentino – mensile della www.provincia.tn.it - #303 – novembre 2010

I colori dell'Armenia

Dal pittore di Riva al console onorario di Arco

Federica Mormando

1915 è l'anno segnato dal genocidio perpetrato dai Giovani Turchi

Voci dall'Armenia giungono spesso in Trentino: da Antonia Arslan, nella luce dei suoi personaggi veri, ad Araik Bartikian, con il piccolo duduk che sveglia le "ottave interiori", i suoni ancestrali dentro ognuno di noi. Ma vivono in Trentino, pur non essendo come a Roma, Milano, Venezia in una comunità organizzata; sono persone di origine armena che portano nel loro lavoro l'eco dell'antica cultura. L'armeno probabilmente più conosciuto è il Marzemino, di cui gli esperti hanno rintracciato "la madre" che sarebbe al sicuro nel chiostro della chiesa di San Lazzaro degli Armeni a Venezia. Dal Caucaso alla fertile valle dell'Adige, con una tappa in laguna, come tanti esuli sopravvissuti.

   Nasce invece a Sivas, città turca nel centro dell'Anatolia, Garabet Demircian, a Venezia sedicenne con una borsa di studio per la scuola armena e poi per l'Accademia di belle arti. Ora è a Riva del Garda, dove la moglie ha una cattedra di storia dell'arte.

   Uomo complesso, coltissimo, riservato, Demircian ha fatto della pittura e della ricerca del colore il centro della vita. Allievo di Virgilio Guidi, di cui ha amato lo sfiorare da lontano l'azzurro del cielo, ha studiato antiche tecniche pittoriche: usa solo polveri pigmenti ed erbe d'oriente, l'uovo come collante, studia ricette di pittori lontani nello spazio e nel tempo, inventa alchimie chiuso nel suo studio. Demircian vive la pittura come ricerca pura, mai ha mosso nulla per propagandarsi, mai ha neppure stilato un catalogo, promessogli ora da Adriana Ros, che ha organizzato la sua ultima mostra a Verona. Fu Virgilio Guidi a sostenerlo e a presentarne una serie di personali in varie città: Firenze, Venezia, Bologna. Nelle sue opere il ricordo della sua terra lontana, dove non è tornato mai, è rarefatto e reso essenziale da una memoria senza speranza: cavalli, alberi, linee di terra. In un quadro un grande cespuglio di fronte al mare di cui riflette la luce rappresenta l'artista, autoritratto insolito. L'oro delle icone orientali, che simboleggia il tempo di Dio, si trasforma nella pittura di Demircian in azzurro, negli azzurri solo suoi, lanciati e fermi in assenza di tempo: un'espansione del tempo dell'anima a raccogliere la vita e purificarla, reale oltre il reale. Vero artista, il suo tocco è personalissimo, pur partendo da una ricerca contemporanea, una sorta di semiastrattismo, esprime in linee di soggetti semplici l'eterno umano, in opere di cui nulla è a caso.

   Questo pittore di poche incisive parole, rese purtroppo ora ancor più rade dal Parkinson, ha raggiunto una purezza di stile in armonia col suo modo di vivere, riservatissimo, chiuso nella tensione di raggiungere e imprimere sulla tela l'incorrotto incorruttibile.

   Demircian, suonava il violino. Suo figlio ha la cattedra di violino al conservatorio Bonporti di Riva. Daniel Demirci, cognome italianizzato, ha ereditato dal padre la riservatezza. Ma non la lingua armena: come parecchie persone di origine armena, di terza generazione, non ha studiato la splendida e complessa lingua degli avi, divisa ora in orientale e occidentale, ed è assolutamente italiano. Ma l'identità armena è fatta di cultura antichissima e trasmessa con la forza del la sopravvivenza. Per questo Demirci suona spesso i canti armeni, che come i cieli di suo padre tendono all'infinito universale, e ne interpreta anche col suo quartetto le contaminazioni jazzistiche, nuova vita delle musiche di allora.

   Ad Arco di Trento è nato Pietro Kuciukian, l'attuale Console onorario della Repubblica di Armenia in Italia e titolare dell'ufficio consolare di Milano, un uomo di straordinario spessore e vigore, che ha saputo e sa essere, oltre che medico, scrittore, coraggioso e forte difensore della tradizione e dei diritti armeni e universali. Suo padre venne in Italia da Istanbul nel 1915, durante il genocidio degli armeni perpetrato dai Giovani Turchi. Membri della famiglia armena sono stati salvati grazie a un amico turco che dirottava i massacratori curdi inferociti, spergiurando che lì non abitava nessun armeno. Il racconto di questo slancio eroico è alla base della ricerca dei giusti di Kuciukian, che ha fondato, con Gabriele Nissim, il Comitato per la Foresta mondiale dei Giusti (molto interessante il sito www.gariwo.net): un albero / piantato per ogni giusto riconosciuto. «Il giusto, di fronte alla vittima, trova dentro di sé la motivazione al suo agire, a differenza dell'eroe o del santo, i protagonisti di un progetto di vita sostenuto da un ideale». [CzzC: non farei comparazione a questo livello tra giusti e santi, come se il giusto potesse essere tale senza un ideale o come se il santo potesse essere tale senza essere giusto]. Come il padre, Pietro Kuciukian ha studiato al collegio dei Mechitaristi di Venezia dove ha appreso la lingua armena. Al 100% italiano, al 100% armeno, ha girato il mondo alla ricerca delle comunità armene disperse: i suoi libri parlano di terre perdute, scomparse e ritrovate. «Mi spinge la convinzione che la condizione dell'uomo sia quella del viandante. L'identità armena non si è mai radicata su un territorio stabile. Si fonda su una appartenenza culturale, espressa nell'adesione al cristianesimo delle origini, nella creazione della lingua scritta, nella conquista dei diritti umani. Mi ha colpito la forza delle donne, la centralità della famiglia, il valore che gli armeni sino ad oggi danno all'educazione e all'istruzione dei figli, la conservazione della cultura da parte della Chiesa e specialmente il cosmopolitismo, che permette agli armeni di adattarsi alla realtà di ogni Paese dove mettono radici», dichiara in una recente intervista. Il dottor Kuciukian è straordinariamente eclettico, ha perfino progettato una Swm che ha vinto il campionato del mondo nel 1981, con un pilota francese. È sposato con Annamaria Samuelli, di Arco, docente di storia e filosofia molto attiva, che ha organizzato più manifestazioni culturali in Trentino e non solo, fondatrice anch'essa della Foresta dei Giusti.

Kuciukian ha l'aspetto dell'uomo di cultura e di azione armeno: imponente, riservato, il suo animo buono è un tesoro non immediatamente scopribile.

   Altri armeni sicuramente vivono in Trentino, ma bisogna cercarli! Una giovane voce allegra compare su Facebook: «Ciao a tutti! Parev zes! Vivo in valle di Flemme e sto cercando un vestito di ballo armeno per me, qualcuno ha idea dove posso comprarne uno? Shnorjaga-lem! Grazie mille!» Ho cercato questa ragazza, anche per scoprire se ci sono corsi della loro suggestiva danza, ma invano. A volte, gli armeni, bisogna andarseli proprio a rintracciare, usando la loro stessa tenacia!