SAN CARLO BORROMEO 1538-1584

<tracce1993>: combatté l’individualismo religioso di marca protestante, risvegliò la pietà popolare, diffuse scuole di Dottrina cristiana, invitò ai sacramenti della Confessione, all’adorazione del Santissimo Sacramento, esortò alla pratica delle opere buone e dei digiuni. Nella pietà e nella pastorale di san Carlo hanno un posto preminente la Madonna e la devozione ai Santi: si dice che al suonar dell’Ave Maria, ovunque si trovasse, si inginocchiava per salutare la Vergine, trascinando tutti i presenti con la forza del suo esempio.

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1993.mm.gg da "Litterae Communionis Tracce" ’93 - Chiesa - San Carlo Borromeo

L’ordinazione sacerdotale di Carlo Borromeo avvenne il 17 luglio 1563 a Roma nella chiesa di San Pietro in Montorio. Il 7 dicembre, festa di Sant’Ambrogio, dello stesso anno ebbe l’ordinazione a Vescovo della Cappella Sistina: da quel giorno, senza attendere la nomina canonica - che sarebbe giunta in maggio - ad arcivescovo di Milano, incominciò ad usare il rito ambrosiano, per dimostrare come si sentisse Episcopus sponsus cum Ecclesia sponsa.

Nominato da Pio IV suo legato e vicario generale in spiritualibus per tutta l’Italia, lasciò Roma per entrare in Milano il 23 settembre 1565: il 15 ottobre aprì il primo concilio provinciale.

Partecipò attivamente al conclave che portò all’elezione del domenicano Michele Ghislieri, futuro Pio V, il 7 gennaio 1566: dopo aver rimesso nelle mani del pontefice la maggior parte dei suoi incarichi romani, con i relativi benefici ottenne di stabilirsi definitivamente nella sua sede episcopale in aprile, attuando in maniera rigorosa il dovere della residenza prescritto dal concilio di Trento e indicendo il 22 giugno la sua prima visita pastorale, iniziata nel Duomo e proseguita in tutte le parrocchie. In Milano furono soppresse una trentina di parrocchie, mentre nel contado nel vennero istituite di nuove. Obbligò i parroci alla residenza, a norma del concilio di Trento, e garantì loro la chiesa, la casa e il beneficio parrocchiale, i cui redditi dovevano assicurare una dignitosa esistenza.

Quando l’11 agosto 1576 la peste scoppiò nel borgo degli ortolani, il Borromeo era assente da Milano e vi rientrò in gran fretta, al contrario di molti aristocratici, nobili e non pochi ecclesiastici. L’assistenza pastorale degli appestati venne fatta da lui personalmente e con l’aiuto generoso dei Cappuccini che prestarono la loro opera soprattutto nel Lazzaretto di san Gregorio. In questa drammatica situazione seppe armonizzare i doveri della carità con quelli della pietà: mentre soccorreva i malati, soprattutto i sacerdoti ai quali recava egli stesso il conforto dei sacramenti, non abbandonandoli se non guariti o morti, non tralasciava di pregare e di far pregare, organizzando funzioni penitenziali, processioni e pubbliche preghiere, celebrazioni di Messe all’aperto perché i malati vi potessero assistere dalle finestre delle proprie abitazioni. Terminata la peste, fece erigere, come ex-voto, la chiesa di san Sebastiano.

La lotta contro l’individualismo religioso di marca protestante fu combattuta dal Borromeo con i fatti: con il risveglio della pietà popolare, con la predicazione della Parola di Dio, con la diffusione delle scuole di Dottrina cristiana, con l’invito ai sacramenti della Confessione, all’adorazione del Santissimo Sacramento, con l’esortazione sempre più accorata alla pratica delle opere buone e dei digiuni. San Carlo guardò al peccato con occhi sorpresi e addolorati e soprattutto un peccato lo rese triste e spesso irritato: la sensibilità, intesa come ricerca di soddisfazione terrena.

Ai sacerdoti raccomanda la celebrazione possibilmente quotidiana della Messa, alle anime consacrate consiglia la Comunione frequente e anche quotidiana, ai laici suggerisce di accostarsi spesso all’Eucaristia che egli stesso amò distribuire per ore e ore in Duomo o durante le visite pastorali ai fedeli provenienti da ogni luogo.

Nella pietà e nella pastorale di san Carlo hanno un posto preminente la Madonna e la devozione ai Santi: si dice che al suonar dell’Ave Maria, ovunque si trovasse, si inginocchiava per salutare la Vergine, trascinando tutti i presenti con la forza del suo esempio.

La famiglia è chiamata dal Borromeo, a riscoprire la sua vocazione cristiana.

La centralità della persona come soggetto della vita sociale è affermata nella terza parte del Libretto dei ricordi, laddove san Carlo esorta ciascuno ad esercitare la sua opera senza inganno e senza frode ed in particolare il capo di bottega o di lavorerio a trattare garzoni o lavoranti con carità e giustizia, pagando la dovuta mercede. Nella mente del Borromeo l’uomo ha bisogno di essere continuamente formato a vivere la dimensione etica del lavoro ed in questo senso si chiariscono l’ammonimento a santificare le feste e l’invito alla preghiera nel luogo stesso di lavoro. San Carlo muore il 3 novembre 1584, a soli 46 anni.