modificato 11/07/2017

 

Il mantra che la Chiesa deve aprirsi al mondo (L5)

Correlati: volemose bene senza eterne contrapposizioni con la relativistica cultura dominante? Però occorre smontare un pregiudizio

Pagina senza pretese di esaustività o imparzialità: contrassegno miei commenti in grigio rispetto al testo attinto da altri.

 

Commentando sul <corriere 23/11016> la Lettera apostolica con cui Papa Francesco, tra l’altro, toglie la scomunica al peccato di aborto, Claudio Magris stigmatizza il mantra che la Chiesa deve aprirsi al mondo (L5), tipico di laicisti e cadudem, come se il mondo, esterno alla Chiesa, fosse il bene, il giusto, il progresso e come se finalmente la Chiesa si emancipasse facendolo entrare.

[CzzC: trovo significativo questo di Padre Luis Bouyer: "il cattolico anni 30-40 si proponeva la conquista; dopo la guerra ripiegò sulla testimonianza; con i preti operai tentò la presenza; dopo il CV2° scoprì il dialogo per poi limitarsi ad accompagnare, e adesso teorizza la necessità dell'assenza”; interessante, ma

- non ironizzerei gli intermedi (testimonianza, presenza, dialogo, accompagnare) che sono essenze del mio essere Cristiano, negligerei gli estremi, la conquista e l’assenza, memore di quel catechista che profetizzava un futuro in cui nessuno avesse bisogno di dirsi cristiano;

- no al progressismo adolescenziale e allo spirito del mondo, però apprezzo lo speciale carisma di Fr1 nel far apparire più incontrabile dal cuore dell'uomo l'annuncio di Cristo portato dai cattolici, picconando l'immane barriera di pregiudizio di intolleranza montata contro di loro dalla cultura dominante, come se i migliori cattolici fossero quelli che vogliono intentare un nuovo referendum abrogativo della 194]