Pio XII e gli ebrei. Una difesa da kenosis.it

Dopo la montatura de “Il Vicario” anni 60, la leggenda nera contro Pio XII riesplose sotto il pontificato di GP2° e B16° (che lo beatificavano) col sostegno di cattolici del dissenso filo-teoglib per trascinare su quei due Papi la criminalizzazione del loro predecessore, onde colpire la comune diffidenza verso le matrici insidianti il magistero petrino.

«Circa l’80% degli ebrei europei è perita durante la 2ª guerra mondiale, l’80% degli ebrei italiani furono salvati, seguendo le istruzioni dirette di Pio XII. Solo a Roma, 155 conventi e monasteri diedero rifugio a 5000 ebrei. Almeno 3000 vennero nascosti nella residenza estiva del papa di Castel Gandolfo» (rabbino David G. Dalin).

[Pagina senza pretese di esaustività o imparzialità, modificata 11/03/2022; col colore grigio distinguo i  miei commenti rispetto al testo attinto da altri]

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Trassi da http://www.kenosis.it/testi_approfondimenti_2009.htm

 

Pio XII e gli ebrei. Una difesa

(22 novembre 2009)

 

Ancor prima che Pio XII morisse, nel 1958, in Europa già veniva messa in circolazione l’accusa — un pezzo classico della propaganda comunista contro l’Occidente — che il suo pontificato era stato favorevole ai nazisti.

Dopo la morte del Papa l’accusa venne sommersa da un’alluvione di omaggi tanto da parte di ebrei quanto di gentili, per riaffiorare in occasione della prima, nel 1963, de Il Vicario (1), il dramma di uno scrittore tedesco di sinistra — già membro della Hitlerjugend, la "Gioventù hitleriana" — di nome Rolf Hochhuth.

Il Vicario, romanzesco e fortemente polemico, sosteneva che la preoccupazione di Pio XII per le finanze vaticane lo aveva reso indifferente di fronte alla distruzione dell’ebraismo europeo. Ma, ciononostante, il dramma di Hochhuth — sette ore di durata — ebbe un’eco notevole, scatenando una controversia protrattasi lungo gli anni 1960. E adesso, oltre trent’anni dopo, quella controversia è riesplosa all’improvviso e per ragioni non immediatamente evidenti.

Infatti, il termine "esplosa" non descrive adeguatamente l’attuale torrente di polemiche. Negli ultimi diciotto mesi sono usciti nove libri su Pio XII: Il Papa di Hitler. La storia segreta di Pio XII di John Cornwell (2), Pio XII e la Seconda Guerra mondiale negli Archivi Vaticani di Pierre Blet (3), Papal Sin di Garry Wills (4), Pio XII. Architetto di pace di Margherita Marchione (5), Hitler, the War and the Pope di Ronald J. Rychlak (6), The Catholic Church and the Holocaust, 1930-1965 di Michael Phayer (7), Under His Very Windows. The Vatican and the Holocaust in Italy di Susan Zuccotti (8), The Defamation of Pius XII di Ralph McInerny (9), e, più di recente, Constantine’s Sword. The Church and the Jews: A History di James Carroll (10).

Dal momento che quattro di essi — quelli di Blet, della Marchione, di Rychlak e di McInerny — prendono le difese del Papa, e due — i libri di Wills e di Carroll — si occupano di Pio XII solo nell’ambito di un più ampio attacco contro il cattolicesimo, il quadro può apparire equilibrato. Di fatto, dopo averli letti tutti e nove, si deve concludere che i difensori di Pio XII hanno gli argomenti più forti, soprattutto con Hitler, the War and the Pope di Rychlak, il migliore e più accurato fra i lavori recenti, un elegante volume di seria critica scientifica.

Eppure, quelli che hanno ottenuto maggior attenzione sono i libri che denigrano il Papa, in particolare Il Papa di Hitler, un volume ampiamente recensito e messo in vendita con l’avviso che Pio XII è stato "l’ecclesiastico più pericoloso della storia moderna", senza il quale "Hitler non avrebbe mai potuto [...] farsi strada". Il "silenzio" del Papa si sta affermando sempre più come stabile opinione nei media americani: "Il fatto che Pio XII abbia elevato l’interesse privato cattolico al di sopra della coscienza cattolica costituisce il punto più basso raggiunto dalla storia moderna del cattolicesimo", osservava quasi di sfuggita il New York Times recensendo il mese scorso Constantine’s Sword di Carroll.

Strano a dirsi, quasi tutti quelli oggi su questa linea — dagli ex seminaristi John Cornwell e Garry Wills all’ex prete James Carroll — sono cattolici non praticanti o del dissenso. Per i leader ebraici della vecchia generazione, la campagna contro Pio XII sarebbe stata un colpo. Durante e dopo la guerra molti ebrei famosi — Albert Einstein, Golda Meir, Moshe Sharett, il rabbino Isaac Herzog e innumerevoli altri — espressero pubblicamente la loro gratitudine a Pio XII. Nel suo libro uscito nel 1967 Roma e gli ebrei. L’azione del Vaticano a favore delle vittime del Nazismo (11) il diplomatico Pinchas Lapide — che era stato console israeliano a Milano e aveva intervistato alcuni italiani sopravvissuti all’Olocausto — dichiarò che Pio XII "fu lo strumento di salvezza di almeno 700.000, ma forse anche 860.000, ebrei che dovevano morire per mano nazista".

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... Anche se con il senno di poi, uno studio accurato rivela che la Chiesa cattolica perse l’occasione d’influenzare gli eventi, sbagliò ad accreditare in pieno le intenzioni dei nazisti e fu contagiata in alcuni dei suoi membri da un occasionale antisemitismo, che avrebbe approvato — e, in qualche orrendo caso, anche ratificato — l’ideologia nazista [CzzC: nulla al confronto del collateralismo luterano al nazismo].

Ma fare di Pio XII un bersaglio del nostro sdegno morale contro i nazisti e annoverare il cattolicesimo fra le istituzioni delegittimate dall’orrore dell’Olocausto significa mancare di comprensione storica. Quasi nessuno dei recenti libri su Pio XII e l’Olocausto è in realtà su Pio XII e l’Olocausto. Il loro vero tema si rivela essere una disputa fra cattolici riguardo a come è diretta la Chiesa oggi, con l’Olocausto che gioca il ruolo del randello più grosso a disposizione dei cattolici progressisti contro i tradizionalisti.

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La tecnica usata nei recenti attacchi a Pio XII è semplice. Richiede solo che le prove a favore siano interpretate nella peggiore luce e sottoposte all’esame più rigoroso, mentre le prove contro siano invece interpretate nella miglior luce e non siano sottoposte ad alcun esame. [CzzC vedi criminalizzare].

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... gli scrittori recenti arrivano a due conclusioni preconcette. La prima è che la Chiesa cattolica deve accollarsi la colpa dell’Olocausto: "Pio XII è il principale colpevole", propone la Zuccotti. E la seconda è che la colpevolezza del cattolicesimo è dovuta ad aspetti della Chiesa che ora sono rappresentati da Giovanni Paolo II.

Infatti, il parallelismo diviene chiaro nel capitolo conclusivo de Il Papa di Hitler e lungo tutti Papal Sin e Constantine’s Sword: il tradizionalismo di Giovanni Paolo II fa tutt’uno con il presunto antisemitismo di Pio XII; le attuali posizioni vaticane sull’autorità del papa sono in linea diretta con la complicità nello sterminio nazista degli ebrei. Di fronte a tale mostruosa equivalenza di ordine morale e a un tale abuso dell’Olocausto, come possiamo non avere obiezioni?

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Pio XII nel 1942 egli disse a un visitatore: "È ben vero che il pericolo comunista esiste, ma in questo momento la minaccia nazista è più seria". Egli intervenne altresì presso i vescovi americani per sostenere la concessione di prestiti ai sovietici e si rifiutò esplicitamente di benedire l’invasione nazista della Russia. (L’accusa di acceso anticomunismo è, nonostante questo, ancora viva ...

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In risposta ai nuovi attacchi contro Pio XII, parecchi scienziati ebrei l’anno scorso hanno preso posizione. Sir Martin Gilbert ha detto a un intervistatore che Pio XII non merita biasimo bensì ringraziamenti. Michael Tagliacozzo, la principale autorità fra gli ebrei romani durante l’Olocausto, ha aggiunto: "Ho un raccoglitore sul mio tavolo in Israele intitolato Calunnie contro Pio XII [...]. Senza di lui, anche molti di noi non sarebbero vivi". Richard Breitman — l’unico storico autorizzato a studiare gli archivi della seconda guerra mondiale dello spionaggio statunitense — ha osservato che i documenti segreti provano fino a qual punto "Hitler diffidava della Santa Sede perché nascondeva gli ebrei".

Tuttora il libro di Lapide del 1967 resta il più autorevole lavoro svolto da un ebreo sull’argomento, e nei trentaquattro anni trascorsi da allora molto materiale si è reso disponibile negli archivi vaticani e altrove. I nuovi centri di storia orale hanno raccolto un’impressionante massa d’interviste con sopravvissuti all’Olocausto, cappellani militari e civili cattolici. Visti i recenti attacchi, è venuto il tempo di riprendere di nuovo le difese di Pio XII, poiché, nonostante si presuma il contrario, le migliori prove di natura storica confermano ora che egli non tacque e che quasi nessuno a quel tempo pensava che lo avesse fatto.

Nel gennaio del 1940, per esempio, il Papa diede istruzione a Radio Vaticana di rivelare "le tremende crudeltà di una barbara tirannia", che i nazisti stavano infliggendo agli ebrei e ai cattolici polacchi. Dando notizia della trasmissione la settimana successiva, il Jewish Advocate di Boston la lodò per quello che in realtà era: un’"esplicita denuncia delle atrocità tedesche nella Polonia nazista, che le dichiarava un insulto alla coscienza morale dell’umanità". Il New York Times pubblicò un editoriale in cui si diceva: "Ora il Vaticano ha parlato, con un’autorità che non può essere discussa e ha confermato i peggiori indizi di terrore emersi dalla tenebra polacca". In Inghilterra il Manchester Guardian salutò Radio Vaticana come "l’avvocata più potente della Polonia torturata".

Qualsiasi esame onesto e scrupoloso delle prove dimostra che Pio XII è stato un tenace critico del nazismo. Basta considerare solo alcuni punti salienti della sua opposizione prima della guerra.

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* Nell’estate del 1944, dopo la liberazione di Roma e prima della fine della guerra, Pio XII disse a un gruppo di ebrei romani che erano venuti a ringraziarlo per la sua protezione: "Per secoli gli ebrei sono stati ingiustamente trattati e disprezzati. È tempo che vengano trattati con giustizia e umanità. Dio lo vuole e la Chiesa lo vuole. San Paolo ci dice che gli ebrei sono nostri fratelli. Essi dovrebbero essere accolti come amici".

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degno di nota il messaggio natalizio del Papa del 1941 ... Nell’editoriale del giorno seguente il New York Times dichiarava: "La voce di Pio XII è una voce isolata nel silenzio e nella tenebra che in questo Natale avvolge l’Europa [...]. Nel suo richiamo a "un autentico nuovo ordine" basato sulla "libertà, la giustizia e l’amore" [...] il Papa si schiera in pieno contro l’hitlerismo".

Così pure il messaggio natalizio del Papa dell’anno seguente — in cui esprimeva la sua preoccupazione per quelle "centinaia di migliaia di persone, le quali, senza veruna colpa propria, talora solo per ragione di nazionalità o di stirpe, sono destinate alla morte o ad un progressivo deperimento" — venne largamente inteso come una condanna pubblica dello sterminio nazista degli ebrei. In verità, gli stessi tedeschi lo videro come tale. Un’analisi di fonte interna nazista così interpreta: "Il suo discorso è un unico lungo attacco a tutto ciò che rappresentiamo [...]. Egli sta chiaramente parlando per conto degli ebrei [...]. Sta virtualmente accusando il popolo tedesco d’ingiustizia verso gli ebrei e si fa portavoce dei criminali di guerra ebraici".

Inoltre, questa consapevolezza nazista poteva avere conseguenze tremende. Esistevano numerosi precedenti ...

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..., perché il Papa non ha scomunicato Hitler? A parte il fatto che Hitler aveva smesso di considerarsi cattolico — anzi, si considerava un anticattolico — molto prima di salire al potere. Ma una dichiarazione pontificia di scomunica avrebbe potuto in qualche misura giovare? Avrebbe potuto anche essere inutile o dannosa. Don Luigi Sturzo, fondatore del movimento democratico cristiano in Italia negli anni della guerra, fece notare che l’ultima volta in cui "fu pronunciata una scomunica contro un capo di Stato" né la regina Elisabetta I, né Napoleone mutarono la loro politica. "Le proteste di Pio XII furono inutili. Sapeva — sostiene la Marchione — che se avesse pubblicamente denunciato le atrocità di Hitler verso gli ebrei, la situazione sarebbe facilmente peggiorata. Non solo avrebbe esposto i cattolici a pericoli più gravi, ma sapeva anche che sarebbe fallita la sua azione di aiuto agli ebrei. Ogni volta che i vescovi cattolici protestarono, i nazisti aumentarono le deportazioni e le atrocità".

I sopravvissuti all’Olocausto come Marcus Melchior, il rabbino capo danese, sostenne che "se il Papa avesse solo aperto bocca, probabilmente Hitler avrebbe trucidato molto più dei sei milioni di ebrei che eliminò, e forse avrebbe assassinato centinaia di milioni di cattolici, solo se si fosse convinto di aver bisogno di un tal numero di vittime". Robert M. W. Kempner — in una lettera al direttore dopo che il periodico Commentary, nel 1964, pubblicò un brano del libro di Lewy — rievocò la sua esperienza al processo di Norimberga per affermare: "Ogni mossa propagandistica della Chiesa cattolica contro il Reich hitleriano sarebbe stato non solo "un procurato suicidio" [...], ma avrebbe affrettato l’esecuzione di ancor più numerosi ebrei e sacerdoti".

E questa non è solo una preoccupazione teorica. Una lettera pastorale dei vescovi olandesi, che condannava "lo spietato e ingiusto trattamento riservato agli ebrei", venne letta nelle chiese cattoliche olandesi nel luglio del 1942. La lettera, ben intenzionata — che mostrava di essere ispirata da Pio XII —, si rivelò in realtà controproducente. Come nota Lapide: "La conclusione più triste e sulla quale ci sarebbe molto da riflettere è che, mentre il clero cattolico d’Olanda protestava più vibratamente, più formalmente e più spesso contro le persecuzioni ebraiche di qualsiasi altro, è stata proprio l’Olanda che ha visto il numero maggiore di ebrei — circa 110.000, circa il 79 per cento di tutti — deportato verso i campi di sterminio, più di qualunque altro Stato dell’Europa occidentale".

Il vescovo Jean Bernard del Lussemburgo, detenuto a Dachau dal 1941 al 1942, avvisò il Vaticano che "tutte le volte che venivano sollevate proteste, il trattamento dei prigionieri immediatamente peggiorava". Verso la fine del 1942, l’arcivescovo Sapieha di Cracovia e due altri vescovi polacchi, avendo sperimentato le selvagge rappresaglie naziste, pregarono Pio XII di non pubblicare le sue lettere sulle condizioni della Polonia. Perfino la Zuccotti ammette che, nel caso degli ebrei romani, il Papa "avrebbe ben potuto essere preoccupato per gli ebrei, per il fatto di nasconderli, e per i loro protettori cattolici".

Si potrebbe naturalmente chiedere che cosa ci sarebbe stato di peggio dell’omicidio di massa di sei milioni di ebrei. La risposta è: il massacro di altre centinaia di migliaia. E il Vaticano ha operato nel senso di salvare quelli che poteva salvare.

La sorte degli ebrei italiani è divenuta uno dei maggiori argomenti delle critiche contro Pio XII, nel senso che la mancanza di senso cattolico nella sua stessa casa dimostrerebbe apparentemente l’ipocrisia di ogni odierno richiamo del Papa alla sua autorità morale. (Si noti, per esempio, il titolo del libro della Zuccotti: Under His Very Windows, "Proprio sotto le sue finestre".)

Ma resta il fatto che mentre circa l’80 per cento degli ebrei europei è perita durante la seconda guerra mondiale, l’80 per cento degli ebrei italiani furono salvati.

Nei mesi in cui Roma si trovava sotto l’occupazione tedesca, Pio XII diede istruzioni al clero italiano di salvare vite con ogni possibile mezzo.

(Una fonte trascurata sulla condotta di Pio XII durante questo periodo è la biografia, del 1966, But for Grace of God: the story of an Irish priest who became a resistence leader and later a father to thousand of children in the boy’s towns of Italy (18), di monsignor John Patrick Carroll-Abbing, che lavorò come soccorritore sotto la guida di Pio XII.)

A partire dall’ottobre del 1943, Pio XII domandò alle chiese e ai conventi di tutta Italia di dar rifugio agli ebrei. In conseguenza di ciò — e malgrado Mussolini e i fascisti avessero ceduto alle richieste di deportazioni fatte da Hitler — molti cattolici italiani disubbidirono agli ordini tedeschi.

A Roma, 155 conventi e monasteri diedero rifugio a circa cinquemila ebrei. Almeno tremila ebrei trovarono rifugio presso la residenza pontificia estiva a Castelgandolfo. Sessanta ebrei vissero per nove mesi nell’Università Gregoriana e molti furono ospitati nella cantina del Pontificio Istituto Biblico. Centinaia trovarono asilo dentro il Vaticano stesso. Seguendo le istruzioni di Pio XII, singoli sacerdoti italiani, monaci, monache, cardinali e vescovi si prodigarono a salvare la vita a migliaia di ebrei. Il cardinale Boetto di Genova ne salvò almeno ottocento. Il vescovo di Assisi nascose trecento ebrei per oltre due anni. Il vescovo di Campagna, mons. Giuseppe Maria Palatucci, e due suoi parenti ne salvarono anche di più a Fiume.

Il cardinale Pietro Palazzini, allora assistente vice rettore del Seminario Romano, nascose per parecchi mesi Michael Tagliacozzo e altri ebrei italiani nel Seminario — che era di proprietà del Vaticano — nel 1943 e nel 1944. Nel 1985, lo Yad Vashem rese onore al cardinale come a un Giusto fra le Nazioni, e nell’accettare l’onorificenza Palazzini sottolineò che "il merito è interamente di Pio XII, che ci ordinò di fare tutto ciò che potevamo fare per salvare gli ebrei dalla persecuzione". Anche alcuni laici prestarono aiuto e, nelle loro deposizioni successive, attribuirono invariabilmente al Papa la loro ispirazione ad agire.

Di nuovo, la testimonianza più eloquente viene dagli stessi nazisti. Documenti di provenienza fascista, pubblicati nel 1998 — e riassunti nel libro della Marchione Pio XII. Architetto di pace —, parlano di un piano tedesco, denominato Rabat-Fohn, che avrebbe dovuto essere eseguito nel gennaio del 1944. Il piano prevedeva che l’ottava divisione di cavalleria delle SS, travestita da italiani, assalisse San Pietro e attuasse "l’assassinio del Papa con tutti i cardinali in Vaticano", e menzionava specificamente quale causa "la protesta pontificia in favore degli ebrei".

La stessa storia potrebbe venir ritrovata attraverso tutta l’Europa.

Se vi è spazio per sostenere che la Chiesa cattolica avrebbe dovuto sforzarsi di più — in quanto restano gl’innegabili fatti che davvero Hitler salì al potere, davvero la seconda guerra mondiale si verificò e davvero sei milioni di ebrei morirono —, il punto di partenza della discussione dev’essere la verità che la gente di quel tempo, in uguale misura i nazisti e gli ebrei, compresero che il Papa era l’oppositore più chiaro dell’ideologia nazista.

* Già nel dicembre del 1940, in un articolo sul Time Magazine, Albert Einstein rese così omaggio a Pio XII: "Solo la Chiesa sbarra pienamente il cammino alla campagna hitleriana per la soppressione della verità. Prima d’ora non ho avuto alcun interesse particolare per la Chiesa, ma ora sento un grande affetto e ammirazione per essa perché solo la Chiesa ha avuto il coraggio e la perseveranza di schierarsi dalla parte della verità intellettuale e della libertà morale. Sono pertanto costretto ad ammettere che quanto una volta disprezzavo, ora lo apprezzo senza riserve".

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... Ma la Zuccotti non è sola. Vi è un’inquietante componente in quasi tutti i lavori attuali su Pio XII. A parte il libro di Rychlak Hitler, the War and the Pope, nessuno dei libri recenti — dal brutale attacco di Cornwell ne Il Papa di Hitler alla difesa acritica che McIrnery fa in The Defamation of Pius XII — è in ultima analisi un libro sull’Olocausto. Tutti sono intenti a utilizzare le sofferenze degli ebrei di cinquant’anni fa per imporre cambiamenti in seno alla Chiesa cattolica odierna.

Questo abuso dell’Olocausto deve essere rifiutato. Un resoconto veritiero su Pio XII arriverebbe, credo, all’esatto opposto delle conclusioni di Cornwell: Pio XII non fu il Papa di Hitler, bensì in lui gli ebrei ebbero il maggior sostenitore papale che abbiano mai avuto, e proprio nel momento in cui era più importante averlo.

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