ultima modifica il 29/03/2023

 

Aborto: la Cgil chiede all’Europa di discriminare i medici obiettori.

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Pagina senza pretese di esaustività o imparzialità: contrassegno miei commenti in grigio rispetto al testo attinto da altri.

 

Trassi 06/02/2013 da Leggi di Più: Aborto. Cgil contro medici non obiettori | Tempi.it

Aborto. La Cgil sta preparando un reclamo in Europa contro i medici obiettori

gennaio 28, 2013 Redazione

Sarà che non ha tutti i crismi dell’ufficialità e sarà che si tratta solo di un lancio d’agenzia (per ora). Ma sta di fatto che, se la notizia fosse confermata, sarebbe una bomba. La settimana scorsa, infatti, prima l’Ansa e poi la Reuters hanno scritto che «la Cgil si schiera in difesa dei medici non obiettori sull’aborto e a tutela del diritto delle italiane all’interruzione di gravidanza, con un reclamo al Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa».

Le stesse agenzie rivelano che «la notizia, coperta dal massimo riserbo», rimbalza «col contagocce» da Strasburgo, «ma quello che emerge con chiarezza è che il sindacato guidato da Susanna Camusso richiama l’attenzione da un lato sui diritti dei medici non obiettori, che sarebbero discriminati in termini di prospettive di carriera e retribuzione, e dall’altro sulla legge 194 che – proprio a causa dell’alto numero di medici obiettori – non garantirebbe il previsto diritto per le donne all’aborto».

Quindi non ci sarebbe nulla di ancora apertamente trasparente perché, ha scritto l’Ansa, «il testo del reclamo non è stato ancora ufficialmente comunicato al governo italiano. Intanto però fonti qualificate spiegano come nel documento la Cgil sostenga, con tanto di documentazione, come vi siano disparità di carriera e salariali tra medici obiettori e non, in favore dei primi. E secondo gli avvocati del sindacato, sarebbero stati violati gli articoli 1, 2, 3 e 26 della Carta sociale europea. Articoli che obbligano gli Stati a rispettare il diritto al lavoro, ed in particolare quello ad eque condizioni, alla sicurezza e all’igiene, e alla dignità sul posto di lavoro».

Nel reclamo la Cgil si esprime anche «sulla legge 194, evidenziandone le caratteristiche che violerebbero l’articolo 11 della Carta che sancisce il diritto alla protezione della salute. Le legge per come è formulata – si sottolinea – non assicura alle donne di poter avere accesso all’interruzione di gravidanza anche a causa dell’alto numero di medici obiettori». Questa parte del reclamo, evidenzia l’Ansa, in qualche modo ricalca «la tesi sostenuta dal ricorso presentato dall’International Planned Parenthood Federation (Ippf-En) al Comitato europeo per i diritti sociali del Consiglio d’Europa, e dichiarato ricevibile dallo stesso comitato il 7 novembre scorso. In quella decisione il comitato aveva comunicato che il reclamo del Ippf-En, vista la gravità delle accuse mosse alle autorità italiane, è da considerarsi prioritario, e che quindi i tempi per la decisione sul merito sono più brevi».

 

 

trassi 09/11/2013 da Tempi.it

Giugno 10, 2013 Benedetta Frigerio

Il sindacato rosso chiede a Strasburgo di indurre l’Italia a bandire concorsi riservati agli abortisti. Il magistrato della Cassazione Giacomo Rocchi spiega a tempi.it la sua strategia difensiva

Lo scorso 17 gennaio la Cgil ha presentato un reclamo al Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa contro l’obiezione di coscienza dei medici che si rifiutano di praticare aborti, con l’obiettivo palese di indurre l’Italia a bandire concorsi pubblici riservati solo ai non obiettori. Secondo il sindacato, l’attuazione dell’articolo 9 della legge 194/78, che permette l’obiezione di coscienza, violerebbe la Carta sociale europea, ledendo il diritto alla salute delle donne e costringendo i medici non obiettori a condizioni di lavoro inique. «In realtà, nel ricorso non vi sono dati che dimostrino che in Italia le donne non riescano ad abortire. Non solo: le norme richiamate sono interpretate chiaramente in modo forzato. Perciò abbiamo presentato una memoria». A parlare è Giacomo Rocchi, magistrato della Corte di Cassazione, membro dell’associazione Giuristi per la Vita, che ha rappresentato a Strasburgo l’Associazione italiana ginecologi e ostetrici cattolici, l’Associazione medici cattolici italiani, il Forum delle associazioni familiari, la Confederazione italiana dei consultori familiari di ispirazione cristiana e il Centro studi per la tutela della salute della madre e del concepito dell’Università cattolica di Roma.

Secondo la Cgil, in Italia l’elevato numero di medici obiettori di coscienza finisce per avere effetti negativi sia sulle donne che vogliono ricorrere all’aborto, sia sul personale medico non obiettore che si ritroverebbe a dover sostenere tutto il carico di lavoro necessario a garantire l’accesso all’interruzione di gravidanza.

Anzitutto il ricorso si fonda su chiacchiere non dimostrate da alcun numero, come l’affermazione secondo la quale gli obiettori farebbero carriera più facilmente degli altri e aggraverebbero il carico di lavoro dei non obiettori. E si sostiene che le donne abbiano difficoltà ad accedere all’aborto, per via del fatto che non si pratica in tutti gli ospedali pubblici. Ma la realtà è ben diversa: non esiste alcun caso in cui sia stato negato l’aborto. I dati del ministero della Salute mostrano che l’interruzione volontaria di gravidanza è uno dei servizi più garantiti nel nostro paese, mai peggiorato negli anni. Infatti, nel 95 per cento dei casi l’aborto viene effettuato entro tre settimane dal momento in cui è praticabile (a partire da una settimana dopo la richiesta), nonostante il 90 per cento degli interventi non sia urgente. Le donne hanno sette giorni circa per organizzarsi, se devono recarsi in una struttura della propria città che magari non è quella più vicina a casa. Il problema quindi non esiste, i numeri dimostrano che da sempre le donne in gran parte scelgono volontariamente di abortire in ospedali o cliniche lontani dalla propria abitazione. Purtroppo l’efficienza del sistema-aborto è altissima; per di più è tutto gratuito e non vi sono difficoltà di accesso per le donne straniere, come dimostra il loro numero che aumenta ogni anno.

La Cgil propone come soluzione l’istituzione di concorsi pubblici per i non obiettori.

Così gli obiettori sarebbero discriminati per avere esercitato un diritto costituzionale, riconosciuto anche dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Inoltre il medico che decidesse, una volta assunto, di smettere di praticare gli aborti verrebbe licenziato e quindi gli sarebbe negata la possibilità di seguire la propria coscienza e la propria fede.

Cosa dicono le norme usate dal sindacato per sostenere la propria tesi?

Sono norme della Carta sociale europea, che si basa appunto sulla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, ma la Cgil le interpreta a prescindere da quest’ultima e in modo assolutamente arbitrario. Addirittura si rifà a una norma sul lavoro forzato dei detenuti per rinforzare strumentalmente l’idea che i medici non obiettori siano costretti ingiustamente a fare solo aborti per la mancanza di personale. Non solo: per garantire la dignità lavorativa dei medici che effettuano aborti, la Cgil chiede che, in un modo o nell’altro, l’obbligo sia imposto anche ad altri. È una vera contraddizione. I medici obiettori sanno bene come si garantisce la dignità del medico: non effettuando aborti, perché il medico è chiamato a curare, non a sopprimere bambini.

Una volta relativizzata la prima realtà e il primo diritto, cioè la vita, tutto diventa opinabile.

Per questo abbiamo sottolineato che uno Stato che permette l’uccisione di bambini innocenti ha già un deficit di democraticità. E sarebbe ancora più grave se il Comitato dovesse dare ragione alla Cgil: obbligare i medici per legge a praticare l’aborto sarebbe un provvedimento da Stato totalitario. Per fortuna che un eventuale verdetto del Comitato in questa direzione avrebbe un effetto solo esortativo e non vincolante per il nostro paese… Noi abbiamo richiamato una delibera dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa del 2010 che parla chiaramente: «Nessuna persona può essere costretta a praticare la soppressione di un bambino o di un embrione e nessuno può essere discriminato in qualunque modo in conseguenza del suo rifiuto a praticare un aborto». Oltre a tutelare la vita dei bambini e la coscienza dei sanitari, dobbiamo anche difendere la democrazia.

@frigeriobenedet

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↑2016.04.11 <repubblica>: accogliendo ricorso Cgil il Comitato europeo dei diritti sociali (CEDS) del Consiglio d’Europa bacchetta ‘Italia perché discriminerebbe i medici non obiettori, onde sarebbe complicato l'accesso ai servizi di IVG da parte delle donne che vogliono abortire oppure sarebbero dissuase dal farlo. [CzzC: e se il ricorso Cgil-lino fosse finalizzato a contrastare il diritto all’obiezione di coscienza (vedi 2013 e 2010) col pretesto che non sia sufficientemente agevolato l’accesso alla IVG?]