ultima modifica il 14/05/2023

 

Il non profit e i casi di mala gestione

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Pagina senza pretese di esaustività o imparzialità: contrassegno miei commenti in grigio rispetto al testo attinto da altri.

 

Traggo da Corsera Trentino 15/11/2013

di Alceste Santuari – Presidente Fondazione Famiglia Materna

 

Nei giorni scorsi, grande scalpore ha suscitato la notizia che in una organizzazione di volontariato della provincia una volontaria si sia appropriata di una somma ragguardevole di danaro che doveva servire per le attività dell’associazione.

Non vi è dubbio che episodi simili facciano male alla reputazione delle organizzazioni non profit e delle migliaia di volontari che spendono parte della loro giornata impegnati a realizzare finalità di pubblico interesse.

Ma sia permessa qualche riflessione proprio sull’accaduto e sui possibili rimedi che le medesime organizzazioni non profit possono adottare per prevenire casi come questi.

A questo riguardo, è raccomandabile agli organi direttivi di associazioni, fondazioni e cooperative sociali avviare un percorso di ricognizione e analisi interna volto a definire uno o più modelli organizzativi finalizzati a prevenire le situazione di cui sopra ovvero ad ottenere un’esenzione o una limitazione della propria responsabilità amministrativa qualora venissero commessi dei reati. Si tratta in altri termini, di dotarsi di un modello organizzativo idoneo ai sensi del d.lgs. n. 231/2001, che, tra l’altro, individui “chi fa che cosa e con che responsabilità”. Invero, è fondamentale nelle attività di volontario potersi fidare reciprocamente e tale fiducia può essere rafforzata dall’adozione di semplici misure quali quelle per esempio di deleghe per le spese.

Il modello organizzativo adottato dall’ente non profit deve possedere almeno i seguenti requisiti:

- dinamicità: deve essere cioè potenzialmente mutevole per adeguarsi alle concrete necessità e all’attività dell’ente;

- adeguatezza: deve potersi cioè adattare a quelle che sono le modifiche delle strutture di mercato o dell’attività stessa dell’ente, con le quali deve confrontarsi costantemente;

- specificità: l’ente deve predisporre ed imporre standard comportamentali per i propri dirigente, volontari e  dipendenti nonché procedure di monitoraggio della loro effettiva applicazione

 

L’adozione dei modelli sopra citati rimane interamente lasciata alla libera discrezione delle singole organizzazioni non profit, le quali dovrebbero essere particolarmente interessati all’adozione dei modelli organizzativi in parola, poiché la loro normale operatività potrebbe comportare una seppure potenziale realizzazione di atti o fatti che potrebbero dare luogo anche ai reati ritenuti rilevanti dal d. lgs. n. 231/2001. In questo senso, è dunque consigliabile che presidenti e consigli di amministrazione procedano all’individuazione di modelli e sistemi che, seppur percepiti come una incombenza “se possibile da evitare”, possono invero giovare alla complessiva ed efficace azione delle organizzazioni non lucrative.

 

[CzzC: ritengo che molto ci sia da apprendere (più che da inventare), dall’esperienza di Internal Auditing delle grandi aziende (ne so per esperienza personale: alcune addirittura enucleano in una società autonoma la funzione di internal audit): le aggregazioni di volontariato solitamente

- non hanno skill e tempo da dedicare ad attenzioni della specie,

- si alimentano con una fiducia reciproca più scontata che nelle aziende normali, che peraltro configura un valore enorme che fa la differenza anche in termini di efficienza,

- si consorziano per sinergizzare a livello amministrativo ad esempio con commercialisti amici (le cooperative trentine hanno la Federazione dei consorzi cooperativi per attività di verifica bilancio);

pertanto, anziché appesantire il fardello amministrativo che già frena la snellezza operativa dei volontari con riunioni estenuate da aspetti organizzativi, proporrei un servizio di Audit enucleato a livello provinciale/regionale all’interno di almeno due ONLUS di servizi consortili per il volontariato: perché non una sola? Per evitare la solita elefantiasi della Pubblica dipendenza, o i soliti esclusivismi privilegianti associazioni votive del partito dominante: almeno 2 ONLUS sostenute da denaro pubblico, operanti in concorrenza leale, liberamente optabili dalle singole associazioni di volontariato]