«Il mio film su Boris Giuliano una lezione della memoria»

<google>. Il regista Roberto Greco: «Racconto la sua storia con la voce dei testimoni a 30 anni dall’omicidio per mano di Cosa Nostra». La docufiction verrà proiettata nelle scuole  

[Pagina senza pretese di esaustività o imparzialità, modificata 11/05/2023; col colore grigio distinguo i miei commenti rispetto al testo attinto da altri]

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2009.08.21 <avvenire> Cinema e impegno

DI ILARIO LOMBARDO

 Ha i suoi baffoni spessi, lo stesso volto contratto dal pensiero, lo sguardo affossato dentro grandi pupille. Marcello Mazzarella passeggia per Palermo come un fantasma in bianco e nero che ha il viso familiare e indimenticabile di Boris Giuliano, il capo della squadra mobile ucciso da Leoluca Bagarella a Palermo il 21 luglio 1979. Trent’anni esatti e un mese. Uno dei primi uomini di giustizia e di Stato caduti nel furioso vortice omicida che avevano innescato i Corleonesi. La mafia che si fa grande, con bombe, stragi e oscure strategie politiche.

  Mazzarella è l’attore che interpreta Giuliano in Sopralluoghi per un film su un poliziotto ucciso , il film diretto da Roberto Greco che ricostruisce la figura di un uomo che annusò per primo le tracce che portavano la mafia al di fuori della Sicilia, verso Roma, verso Milano, verso New York. «Da non siciliano mi sono proposto di raccontare una cosa che non si racconta mai quando si parla di mafia: il contesto», racconta Greco, regista bolognese da tre anni trapiantato a Palermo. Il contesto. Come il romanzo di Sciascia che già descriveva tutto di quel mondo sommerso fatto di criminali e diabolici finanzieri che Giuliano stava rivelando: «Il contesto è Palermo, la gente per strada che ancora si ricorda di quel poliziotto. Ma anche quelle facce invec- chiate che sono state silenziose complici dell’omicidio ».

 Il titolo del film ha un sapore da anni ’ 70, con echi da Elio Petri e Citto Maselli, quando col cinema si facevano anche le inchieste. La formula scelta è quella della docufiction, e ha il patrocinio tra gli altri della Questura di Palermo, dell’Associazione Nazionale Magistrati e della Fondazione Progetto Legalità dedicata a Paolo Borsellino, la stessa di Io ricordo il documentario dedicato alle vittime della mafia.

  Anche il film su Boris Giualino entrerà in un progetto didattico e sarà distribuito nelle scuole. I sopralluoghi del titolo sono quelli che compie Marcello (l’attore Vincenzo Ferrera), un giovane giornalista che torna in Sicilia alla ricerca di materiale per un regista che vuole girare un film sul vice-questore ammazzato dalla mafia. «Marcello è il vero protagonista: attraversa la città e la memoria dei suoi abitanti. Incontra le persone che hanno conosciuto Giuliano, gli sono state vicino, e ricordano la sua grande umanità. L’avvocato, i magistrati, i giornalisti, i fotografi, molti dei suoi compagni di quella mitica squadra mobile. E poi la famiglia, che è uno dei cardini del lavoro. Ho scelto di raccontarlo attraverso queste voci», spiega Greco. Tra le testimonianze sono poi montate alternativamente le scene ambientate nel luglio del 1979: le giornate di lavoro, le ore passate a seguire le piste di varie indagini, fino ai minuti prima di morire in quel bar di via Di Blasi, a Palermo, ucciso con sette colpi alle spalle da Leoluca Bagarella, cognato di Totò Riina. «Aveva intuito prima di tutti come la mafia andasse cercata tra i conti bancari e gli intrecci finanziari. Ha indagato sulla politica e su molti dei misteri d’Italia, dal caso Mattei a De Mauro, fino a di Michele Sindona».

 Roberto Greco è un regista che ama lavorare con e sulla memoria: nel 2005 ha diretto Trentasette - Memorie di una città ferita documentario sulla strage di Bologna del 1980. Gli anni, il clima e il buio che avvolge le cose sono gli stessi. «Giuliano è un personaggio che ho incontrato in un percorso più ampio sulla storia e la testimonianza. Palermo è una città ancora piena di memoria. Molti protagonisti sono vivi con il loro dolore o con la loro colpa. Il cinema e la televisione hanno il compito di raccontare i nostri anni, i fatti e gli uomini nella loro semplicità. Il rischio che si corre è di idolatrare troppo. E il confine tra le due cose è sottile».