Quarant’anni fa a SIGONELLA l'inaudito coraggio del governo italiano (Craxi e Andreotti)

nei confronti dell'alleato USA riuscì a domare tutti, anche gli israeliani, tenendo conto che i terroristi che uccisero l’ebreo Leon Klinghoffer sulla sequestrata nave italiana Achille Lauro erano del Fronte del Rifiuto che osteggiava l’Olp di Arafat e voleva metterlo in difficoltà: con il tempo si sarebbero rivelati gli antenati di Hamas. Mai prima di allora due Paesi Nato erano arrivati tanto vicini a uno scontro armato. [CzzC: quel coraggio fu di grande responsabilità e grandezza politica, per il bene della nostra Italia, oltre che per il suo prestigio internazionale; mi perdoni La Stampa se trascrivo questo splendido articolo di Fabio Martini].

[Pagina senza pretese di esaustività o imparzialità, modificata 2025.10.11; col colore grigio distinguo i miei commenti rispetto al testo attinto da altri]

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2025.10.07 mi perdoni La Stampa se trascrivo questo splendido articolo di Fabio Martini.

A Sigonella agirono gli avi di Hamas. L’Italia domò tutti, anche gli israeliani

Quarant’anni fa uno degli episodi più importanti per la storia della nostra diplomazia

Fabio Martini - 07 Ottobre 2025

Quarant’anni or sono fu subito chiaro che l’impresa di Sigonella era stata un miracolo: in quei giorni di ottobre del 1985 lo spirito di indipendenza e il coraggio dispiegati dal governo italiano nei confronti dell’alleato americano risultarono letteralmente inauditi. Non appartenevano al repertorio della Prima Repubblica, che pure aveva coltivato altre virtù. Con il trascorrere dei decenni Sigonella ha prodotto un altro miracolo: è l’unico evento degli ultimi quarant’anni sul quale destra e sinistra hanno finito per esprimere un giudizio convergente. Una eccezione per la rissosa politica italiana.

Un consenso postumo che dura, perché quella fu davvero un’impresa complicata. Mai un capo di governo italiano aveva ordinato di circondare militari americani, mai prima di allora due Paesi Nato erano arrivati tanto vicini a uno scontro armato.

In quella occasione, il presidente del Consiglio Bettino Craxi aveva resistito a un’ingerenza di stampo colonialista e tuttavia allora non fu del tutto chiaro ciò che recenti testimonianze hanno consentito di mettere meglio a fuoco: il sequestro della Achille Lauro e l’assassinio a bordo dell’ebreo Leon Klinghoffer, che diedero il via alla vicenda, furono opera di un commando palestinese appartenente al Fronte del Rifiuto, che osteggiava l’Olp (Organizzazione per la Difesa della Palestina) di Arafat e voleva metterlo in difficoltà. In altre parole erano entrati in azione quelli che con il tempo si sarebbero rivelati gli antenati di Hamas. E dall’altra parte in quei mesi agì anche il radicalismo israeliano, incarnato da un personaggio moderato come Shimon Peres, che ebbe un confronto – tanto duro quanto riservato – con Bettino Craxi a palazzo Chigi. Dunque, c’è “un’altra Sigonella” che aiuta a capire meglio l’intera vicenda: oltre all’arroganza americana il governo Craxi fronteggiò un doppio integralismo, lo stesso che in anni recenti si è ripreso bruscamente la scena.

Tutto era iniziato alle due del pomeriggio di lunedì 7 ottobre del 1985: un operatore di Goteborg in Svezia intercetta un sos proveniente dalla nave di crociera Achille Lauro, da un luogo imprecisato del Mediterraneo. Serviranno diverse ore per capire che i 420 turisti a bordo erano nelle mani di un gruppo di terroristi palestinesi.

Grazie alla mediazione di Abu Abbas, capo del Fronte per la liberazione della Palestina, la nave approda il 9 ottobre nel porto egiziano di Port Said: i terroristi si arrendono e tutto sembra avviarsi verso un lieto fine. E invece si viene a sapere che due giorni prima, a bordo, un anziano passeggero – Leon Klinghoffer, esponente della comunità ebraica di New York – era stato ammazzato e poi gettato in mare.

Craxi capisce che la vicenda si complica e da quel momento, per non essere intercettato nelle comunicazioni più delicate, arriva a usare le cabine dei telefoni pubblici. I palestinesi del commando vengono indirizzati verso Ciampino, perché i reati commessi sulla Achille Lauro sono di giurisdizione italiana. Ma gli americani non gradiscono e scartano: due caccia della Delta Force dirottano in volo l’aereo egiziano verso la base militare di Sigonella. Un intervento brusco che somiglia a un’azione di pirateria: l’aereo egiziano gode di protezione diplomatica.

A Sigonella atterrano anche i due caccia americani, a fari spenti, con a bordo cinquanta teste di cuoio, incaricate di catturare i terroristi. Gli uomini scendono sulla pista e circondano i carabinieri italiani che si erano messi a protezione dell’aereo.

Siamo già dentro la sceneggiatura di un film, ma manca ancora la scena madre: il presidente del Consiglio socialista, Craxi, da Roma e nel cuore della notte, dà l’ordine a sua volta di circondare gli americani. Tre cerchi concentrici con le armi spianate, una scena memorabile. Alla fine, dalla Casa Bianca, il presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan cede. Seguiranno una crisi di governo, la lettera di un Reagan (“Dear Bettino”) che aveva compreso la forzatura.

Nella vicenda di Sigonella giocarono anche gli israeliani che da tempo guardavano con ostilità ad un piano di pace che Bettino Craxi aveva coltivato riservatamente, dopo aver ricevuto l’avallo del presidente degli Stati Uniti.

Il 23 ottobre 1983, come ha raccontato l’ambasciatore Badini, mentre Craxi spiegava alla Casa Bianca il suo piano, «vedemmo Reagan cambiare espressione». Craxi aveva detto che era prematura l’idea europea e francese dei due Stati, ma andava perseguita quella di una federazione tra Giordania, Cisgiordania e Gaza. Successivamente, dopo aver incontrato tutti i leader arabi moderati, Craxi aveva invitato, per la prima volta nella Storia, un primo ministro di Israele in Italia. Tutto dipendeva dalla risposta di Shimon Peres che, dopo aver ascoltato, disse poche parole: «Craxi, sei troppo avanti con la storia». Finì lì, ma da lì si ricomincia.

Sono trascorsi quarant’anni esatti anni da Sigonella ma anche da quel piano per Gaza e per la Cisgiordania che, con l’avallo del presidente statunitense Ronald Reagan, aveva visto l’Italia protagonista e non gregaria.