modificato 26/10/2016

 

Imporre IMU a scuole paritarie come vessazione ideologica?

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Pagina senza pretese di esaustività o imparzialità: contrassegno miei commenti in grigio rispetto al testo attinto da altri.

 

Trassi da Tempi.it 14/12/2012

 

«I criteri sull’Imu per le scuole non sono chiari. Il ministero delle Finanze ci prende in giro. Per ora non paghiamo»

 

Dicembre 14, 2012 - Daniele Ciacci @danieleciacci

 

Don Michele di Tolve, responsabile per la Pastorale scolastica della Curia di Milano, spiega il “pasticcio” della tassa per le paritarie : «Farci pagare quella tassa è un’offesa».

Il termine per il versamento dell’Imu all’erario si avvicina pericolosamente, e molti enti no profit non hanno ancora chiara l’entità della somma da versare. Prima ancora, però, alla luce delle parole della Commissione delle Finanze, non capiscono se debbano o meno inserirsi all’interno della dicitura ente commerciale – ente non commerciale. Una dicotomia dalla difficile risoluzione: se solo le scuole che garantiscono alle famiglie rette «gratuite o simboliche» possono vantare l’esenzione, la grande parte del sistema scolastico paritario italiano rischia di scomparire sotto il peso di una tassa «non equa». Tempi.it ne parla don Michele di Tolve, responsabile del Servizio per l’Insegnamento della religione cattolica e della Pastorale scolastica della Curia meneghina.

 

Tra tre giorni scade il termine per il pagamento dell’Imu. Che direttive ha dato la Curia di Milano alle scuole paritarie che vi aderiscono?

Al momento, non essendo ancora chiari i criteri sull’esenzione dell’Imu, abbiamo deciso di aspettare la scadenza dei termini, ovvero 30 giorni dal 17 dicembre, pagando una sovrattassa. Stiamo trattando, e vedremo come si evolve la situazione. Ci tengo a precisare che nessuno di noi della Curia di Milano nega il fatto che bisogna pagare le tasse. Ma ci sembra radicalmente ingiusto, una presa in giro del ministero delle Finanze. Le scuole a cui è concessa l’esenzione dall’Imu sono quelle che non vantano alcun tipo di contributo. È impossibile. Lo Stato è fuori dal tempo e della realtà, e contrasta le espressioni della società civile e della realtà ecclesiale che ancor prima dell’Unità d’Italia sono al servizio di quel bene comune che è l’educazione e l’istruzione.

 

Come funziona la parità scolastica fuori dai confini italiani?

Nel resto d’Europa vige una vera parità. In Italia le scuole paritarie, dopo tutti i controlli di sorta, sono riconosciute dalla legge 62/2001 come scuole pubbliche paritarie, ma non hanno parità economica. Invece, in tutta Europa e in Israele la parità giuridica va di pari passo con quella economica. Da noi per la scuola paritaria si aggravano le tasse. Questa non è vera parità. Dallo Stato per ogni alunno ricaviamo 500 euro in un anno, ovvero 6.500 euro in meno dei fondi destinati alle statali. Le nostre sono scuole pubbliche, ma in questo momento non viene riconosciuto ciò che svolgiamo. Per questo, l’indicazione che diamo ai diversi istituti parificati è attendere, per comprendere meglio il regolamento che si vorrà adottare.

 

Dove trovate le maggiori difficoltà di adesione alla proposta del ministero delle Finanze?

Ci viene chiesto che le nostre rette non servano a mantenere la scuola, ma siano simboliche e, al limite, gratuite. Ma come è possibile fare questa affermazione? Come possiamo pagare gli stipendi a 10mila insegnanti che lavorano nelle scuole paritarie presenti sul territorio della diocesi di Milano? Come facciamo a mantenere in perfetto ordine e nel pieno rispetto delle normative tutti gli ambienti scolastici costruiti con il contributo delle congregazioni religiose e delle parrocchie ? È un offesa affermare che dobbiamo avere rette simboliche!  Ma al di là di ciò, noi non abbiamo una retta, ma un contributo economico da parte delle famiglie che non è sufficiente. Il contributo delle famiglie alla scuola paritaria è necessario e non sufficiente per garantire il decorso delle attività e per chiudere il bilancio annuale in parità. Inoltre, è ingiusto non considerare le famiglie che pagano allo Stato le tasse per la scuola statale che non hanno scelto di utilizzare debbano anche contribuire a sostenere la scuola paritaria che hanno scelto. Sono cose che lo Stato conosce bene, perché noi abbiamo sempre mostrato tutti i bilanci con il massimo della trasparenza. Il contributo che chiediamo non basta a mantenere viva la scuola. Le parrocchie e le congregazioni versano annualmente la liquidità necessaria per evitare il tracollo. E questo nonostante le scuole paritarie forniscano un servizio pubblico e aperto a tutti.

 

È un problema ideologico?

Non riesco a dire se il problema sia ideologico o meno, non voglio entrare in questo genere di discorsi, ma di sicuro è affrontato nel modo sbagliato. Io dico: mettiamoci intorno a un tavolo e ragionano, guardiamo la totalità dei fattori in gioco. Invece, le decisioni non partono dalla conoscenza della nostra situazione e dei nostri bilanci pubblici. Il contributo delle famiglie, lo ripeto, non è sufficiente, e infatti Stato, Regione e Comune finanziano le scuole parificate – che altrimenti non starebbero in piedi – come contributo al diritto allo studio. Al resto, spesso, ci pensano le parrocchie. Se hanno intenzione di portarci alla decisione di chiudere, ce lo dicano apertamente, ma poi trovino il modo di trovare ogni anno 7 miliardi di euro da aggiungere ai 45 miliardi già impegnati per sostenere la scuola pubblica statale. Nella nostra diocesi da anni andiamo dicendo che tutta la scuola ha bisogno di più risorse e non di tagli. Questo lo affermiamo da sempre: in momenti di crisi i paesi europei , che conoscono la vera parità per tutto il sistema scolastico, investono nell’educazione e nell’istruzione. Da noi, che vantiamo di essere la culla della cultura europea, da noi che abbiamo l’86 per cento del patrimonio culturale dell’umanità, si taglia e s’inventa una tassa per la scuola che deve essere il bene primario per la famiglia e per la società italiana.

@danieleciacci

 

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