modificato 15/12/2016

 

Papa Francesco I ci richiama all’essenziale del Cristianesimo

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Pagina senza pretese di esaustività o imparzialità: contrassegno miei commenti in grigio rispetto al testo attinto da altri.

Per l’incontro di catechesi 12/04/2014 coi genitori degli alunni di 3ª elementare ho condiviso con .M. la seguente riflessione, sentendoci richiamati da Papa Francesco all’essenziale del Cristianesimo, ed in sintonia col percorso che le catechiste Laura e ............. stanno conducendo con i loro figli. Il testo è rivedibile con le domande e i contributi dei genitori.

 

 

Iniziamo con un segno di croce il nostro incontro.

Per Papa Francesco I e per altri pastori legati al Magistero petrino la fede non è luce che elimina le tenebre, ma lampada che guida nella notte i nostri passi, che dà risposta alla nostra domanda di significato e di infinito con una presenza che accompagna, incarnata nella Chiesa, quindi è legame che Cristo stabilisce con me/te chiedendoci un .

    Da quando è apparso dalla Loggia di San Pietro, il Pontificato di Papa Francesco è una sequela di gesti e parole così sorprendenti da accendere di continuo una domanda: che cosa ci chiede di cambiare, che genere di conversione suggerisce al nostro - al mio - cuore?

    Non si può dare una risposta completa anche perché il Papa ci dice tante cose, ma in tutte ci invita a discernere (18 volte usò la parola discernimento nella intervista a Civiltà cattolica) e ad approfondire il rapporto personale con Cristo, cioè il legame con Lui, con la sua compagnia. «Invito ogni cristiano, in qualsiasi luogo e situazione si trovi, a rinnovare oggi stesso il suo incontro personale con Gesù Cristo o, almeno, a prendere la decisione di lasciarsi incontrare da Lui, di cercarlo ogni giorno senza sosta», scrive nella Evangelii Gaudium. È una chiamata all’essenziale del Cristianesimo, a una «personalizzazione della fede», legame con Cristo da vivere in  esperienza reale, senza la quale non potremo verificare se davvero la fede «ci serve per vivere». Ieri sera alla via Crucis sentivamo queste parole del Papa che citava S.Francesco «predicare il Vangelo e, se fosse necessario, anche con le parole». Potrebbe essere facile dirci che Cristo è essenziale, ma non possiamo cavarcela così facilmente, perché osservandoci in azione, ci dobbiamo arrendere all’evidenza che l’essenziale per noi è altrove: il criterio per discernere è nel Vangelo: «Dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore».

Domanda1: In un mondo dove le piazze bruciano, da Kiev a Caracas, dove la guerra infiamma dalla Siria al Centrafrica, dove i cristiani stanno patendo il secolo di più straziante martirio, dove la crisi sta logorando popolo e istituzioni, che differenza introduce nel concreto una persona che vive dell’incontro con Gesù? (E la stessa domanda potremmo farci anche se fossimo nella tranquilla Norvegia col PIL pro capite migliore del mondo).

   Visto che siamo invitati a discernere, cominciamo dal capire che tipo di rapporto intende Cristo:

- Giovanni il Battista stava battezzando nel Giordano ed improvvisamente additò Gesù come l’Agnello di Dio; i discepoli di Giovanni chiesero a Gesù «chi sei, dove abiti?» e Gesù a loro «venire a vedere». Stettero con lui e furono attratti da una tale corrispondenza di mente e di cuore che tornarono a casa dicendo «Se non crediamo a quest’uomo, non dobbiamo credere più neanche ai nostri occhi».

- La Samaritana obiettò a Gesù «ma se non hai neanche il secchio» mentre egli le proponeva un’acqua più dissetante del normale, ma poi fu anche lei conquistata dalla corrispondenza di Gesù con quello che le stava a cuore più dell’acqua ordinaria.

Domanda2: Giovanni, Andrea, la Samaritana, il cieco nato ... avevano davanti agli occhi Gesù e possiamo capire che siano stati affascinati dal suo sguardo penetrante, mentre noi veniamo dopo secoli di metodo scientifico che ci spiega come funzionano le cose pratiche della realtà in maniera che gli Apostoli non potevano minimamente pensare, per cui magari credettero ingenuamente ai miracoli: come disse in questa sala un biblista, siamo adulti e vaccinati davanti ai miracoli, dunque non ci sarebbe lecito dubitare più degli Apostoli che Cristo sia figlio di Dio?

   Eppure Gesù disse “voi credete perché avete visto, ma beati quelli che pur non avendo visto crederanno” e il Papa, come i suoi predecessori, ci assicura che la nostra fede è amica della ragione, e ci promette come Gesù che aderire al suo abbraccio riconoscendosi amati da lui, potenzia anche la passione per la scienza come per l’educazione e per la fratellanza, non ci toglie nulla del vero bello e giusto della vita, non solo eterna, ma anche terrena quotidiana, perché il centuplo quaggiù non è una chimera, ma è testimoniato da milioni di fedeli che hanno detto sì anche oggi a quel venite e vedete.

Domanda3: E se fosse solo un abbaglio, una sublimazione? Il Papa potrebbe parlare così, come i suoi preti, perché è il loro mestiere, ma noi che dobbiamo arrivare alla fine del mese non solo lavorando, ma anche combattendo per non farci fregare dai più furbi, dobbiamo realizzarci con le tecniche del mestiere, misurarci con i rapporti contrattuali di dare-avere, lasciando le tenerezze ai rapporti familiari e caritativi: mica possiamo stare in azienda e sul mercato come in famiglia.

   Né Cristo né la Chiesa si stupirebbero per queste radicali nostre obiezioni, perché fanno parte del limite della nostra umana natura, divisi tra intenzioni e costrizioni, è un limite che la chiamata di Cristo non ignora, ma nel quale ci invita a non chiuderci, è un limite abbracciato da lui - ci dice il Papa - abbracciati come siamo ora, invitati a ridestare in noi la consapevolezza della nostra vera natura: è vero o no che ci sentiamo dentro un cuore cui non bastano i rapporti basati sulla partita doppia di dare avere, non basta il secchio? I rapporti contrattuali e di forza funzionano per la pagnotta, ma abbiamo un cuore che rimanda ad un di più; a questo cuore Gesù si offre risposta saziante, a quel cuore di cui diceva Pavese «ciò che l’uomo cerca nei piaceri è un infinito» e se l’uomo soffocherà la sua naturale domanda di infinito, di significato, anziché tenerla desta e cercarne risposta, il suo cuore sarà sempre inappagato, alienato: Gesù si pone come risposta a questa nostra naturale domanda di infinito (“il mio cuore è inquieto finché non riposa in te”, diceva S.Agostino che del mondo aveva fatto piena esperienza terra-terra). Solo un Dio poteva avere l’ardire di porsi come risposta totalizzante ad una domanda di infinito, e porsi al di là degli schemi moralistici e tecnico-organizzativi per dirci che, pur lasciandoci liberi di aderirgli o meno, se rinunciamo al suo abbraccio continueremo ad esser come il mondo, mentre, se gli diciamo di sì, saremo come tanti suoi seguaci che hanno vissuto nel mondo senza essere del mondo trasformandolo in meglio, come nella lettera a Diogneto (risalente a circa il 170 dC, riscoperta dal CV2°): I cristiani né per regione, né per voce, né per costumi sono da distinguere dagli altri uomini, non conducono un genere di vita speciale; la loro dottrina non è nella scoperta del pensiero di uomini multiformi, vivono in città greche e barbare, come a ciascuno è capitato, adeguandosi ai costumi del luogo nel vestito, nel cibo e nel resto, testimoniano un metodo di vita sociale mirabile e indubbiamente paradossale. Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera. Si sposano come tutti e generano figli, ma non gettano i neonati. Mettono in comune la mensa, ma non il letto. Sono nella carne, ma non vivono secondo la carne. Dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo. Obbediscono alle leggi stabilite, e con la loro vita superano le leggi. Amano tutti, e da tutti vengono perseguitati. Non sono conosciuti, e vengono condannati. Sono uccisi, e riprendono a vivere. Sono poveri, e fanno ricchi molti; mancano di tutto, e di tutto abbondano. Sono disprezzati, e nei disprezzi hanno gloria. Sono oltraggiati e proclamati giusti. Sono ingiuriati e benedicono; sono maltrattati ed onorano. Facendo del bene vengono puniti come malfattori; condannati gioiscono come se ricevessero la vita; coloro che li odiano non saprebbero dire il motivo dell'odio».

   «almeno prendere la decisione di lasciarsi incontrare da Lui» - dice il Papa - additando la nostra responsabilità personale, ma se la decisione è personale, il percorso di vita nell’esperienza cristiana non è solitario, è un cammino in compagnia guidata, c’entrano la comunità e il Magistero petrino, anche quando questa comunità, la Chiesa, fosse intrisa di peccatori che tradiscono la suddetta affezione: la Chiesa ci addita modello i santi sugli altari, ma ci addita anche «la classe media della santità, di cui tutti noi possiamo far parte e c’è chi anche oggi segna col suo sangue la fedeltà a Cristo nella testimonianza concreta della vita» (parole del Papa lette ieri sera alla Via Crucis cittadina). Lo sguardo di Cristo incontrato da Giovanni e Andrea è stato un avvenimento nella storia della salvezza, ma è un evento che riaccade oggi: quello sguardo è incontrabile ora da ciascuno di noi nei volti degli innamorati di Cristo, il quale non si impone alla nostra libertà, ma amerebbe che gli chiedessimo di incontrarlo, e questa è la preghiera: pregare per incontrarlo, e pregare perché, incontratolo, quello sguardo si tenga presente in noi a fruttificare la nostra esperienza, come conversione continua, perché, senza l’alimentazione della Grazia invocata dalla preghiera e veicolata dai Sacramenti, la fede ha data di scadenza ravvicinata; non a caso il Papa ci addita sovente colei che custodì per prima nella carne e nella vita quel tesoro di salvezza: ci aiutano ancora le parole del Papa che udimmo ieri sera alla Via Crucis cittadina «rivolgiamoci alla V ergine Maria: il suo cuore di madre ha condiviso al massimo la compassione di Dio, specialmente nell’ora della passione e della morte di Gesù. Ci aiuti Maria a essere miti, umili e misericordiosi con i nostri fratelli». Ave Maria ...