Giovanni Falcone voleva la separazione delle carriere tra pm e giudici
«Chi, come me, richiede che siano due figure strutturalmente differenziate nelle competenze e nella carriera, viene bollato come nemico dell’indipendenza del magistrato, un nostalgico della discrezionalità dell’azione penale ...»
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↑2025.11.03 <fb> il PD di Schlein ha lasciato al centrodestra il tema della separazione delle carriere dei magistrati, mentre per anni quell'area partitica aveva sostenuto che quella misura era opportuna per il miglior esercizio della giustizia, anche con gli argomenti inoppugnabili di Giovanni Falcone; lo aveva fatto persino con un pronunciamento congressuale. Quella per la separazione delle carriere fu una battaglia nata a sinistra negli anni '80, con la riforma del processo penale di Pisapia e Vassalli che diventando accusatorio richiedeva questa misura per coerenza.
↑2024.05.31 Giovanni Falcone era favorevole alla separazione delle carriere dei magistrati. <Einaudi> estratto dell'intervista che Giovanni Falcone rilasciò a Mario Pirani di Repubblica il 3 ottobre 1991. Si parlava della riforma Vassalli e del nuovo codice di procedura penale. Quelle che seguono sono le parole, mai smentite, di Giovanni Falcone: “Un sistema accusatorio parte dal presupposto di un pubblico ministero che raccoglie e coordina gli elementi della prova da raggiungersi nel corso del dibattimento, dove egli rappresenta una parte in causa. Gli occorrono, quindi, esperienze, competenze, capacità, preparazione anche tecnica per perseguire l’obbiettivo. E nel dibattimento non deve avere nessun tipo di parentela col giudice e non essere, come invece oggi è, una specie di para-giudice.
Il giudice, in questo quadro, si staglia come figura neutrale, non coinvolta, al di sopra delle parti. Contraddice tutto ciò il fatto che, avendo formazione e carriere unificate, con destinazioni e ruoli intercambiabili, giudici e Pm siano, in realtà, indistinguibili gli uni dagli altri. Chi, come me, richiede che siano, invece, due figure strutturalmente differenziate nelle competenze e nella carriera, viene bollato come nemico dell’indipendenza del magistrato, un nostalgico della discrezionalità dell’azione penale, desideroso di porre il Pm sotto il controllo dell’Esecutivo”.