Articolo tratto da  del 14/03/2008

 

Il martirio del vescovo Rahho

 

SIAMO DI FRONTE A UN VERA PULIZIA ETNICA

Di Luigi Geninazzi

… L’unica 'colpa' di questo martire della Chiesa del terzo millennio è stata l’aver continuamente esortato i suoi fedeli a rimanere in Iraq. Per questo era nel mirino dei terroristi e dei fanatici islamici in una terra dove, vale la pena ricordarlo, i cristiani hanno antiche radici e sono presenti da ben prima che arrivassero i seguaci di Maometto.

  una escalation continua di sequestri, rapimenti e uccisioni di sacerdoti, attacchi a luoghi di culto, violenze, minacce e ricatti nei confronti dei fedeli, persecuzioni quotidiane che hanno già decimato una delle comunità cristiane più vive di tutto il Medio Oriente. Non a caso è stato colpito monsignor Rahho, il vescovo di una città come Mosul che è la culla del cristianesimo iracheno, il cuore della regione più fittamente popolata dai caldei spinti ad un’emigrazione umiliante e ad una fuga precipitosa. Non c’è scampo: o il ritorno alla 'dhimma', l’antica legge islamica che impone ai cristiani la sottomissione ed il pagamento di una tassa, o l’esilio. Chi si rifiuta è un condannato a morte.

  Siamo di fronte ad un martirio collettivo che si configura come una vera e propria pulizia etnica . Quel che sta avvenendo in Iraq è il genocidio strisciante dei cristiani. Un intellettuale laico come Regis Débray l’ha paragonato all’antisemitismo. E padre Abdel Ahad, uno dei preti iracheni che ha passato quaranta giorni nelle mani dei fanatici jihadisti, ha detto: «Ho conosciuto l’odio profondo che i terroristi islamici nutrono verso i cristiani, ho sperimentato sulla mia pelle il loro progetto di cacciarci tutti quanti».

… Oggi in Iraq, sarebbe miope negarlo, i cristiani stanno peggio che ai tempi di Saddam Hussein. Certo, anche loro avevano dovuto sopportare i controlli e le limitazioni imposte dalla dittatura baathista. Ma sono stati i primi che nella caduta del regime hanno intravisto il pericolo di un’esplosione violenta del fanatismo islamico. Un rischio divenuto realtà e di cui stanno pagando un prezzo altissimo. L’Occidente, ed in primis il 'cristiano rinato' George Bush, dovrebbero farsene carico, promuovendo una grande campagna per accogliere i profughi dall’Iraq e una vasta mobilitazione perché si metta fine al genocidio dei cristiani, il nuovo antisemitismo che ci addolora e ci indigna.

 

Mosul, la «roccaforte» nel mirino

Di Camille Eid

   Prima dell’inizio della guerra nel 2003 a Mosul vivevano tra gli 80mila e i 90mila cristiani. Poi il numero è cresciuto improvvisamente con l’esodo di migliaia di famiglie cristiane da Baghdad e da altre città del Centro. Ma quello che doveva essere un rifugio sicuro si è poi rivelato un altro luogo di morte. Negli attacchi simultanei del primo agosto 2004, due chiese di Mosul figuravano tra le chiese colpite dai terroristi. Il 7 dicembre dello stesso anno è stata poi attaccata la chiesa caldea dell’Immacolata. Uomini armati hanno fatto irruzione nell’attigua casa vescovile piazzandovi cariche esplosive che lo hanno distrutto parzialmente. Successivamente è iniziata una campagna di intimidazioni che non ha risparmiato il clero. Il 17 gennaio 2005 viene rapito il vescovo siro-cattolico Georges Casmoussa poi, il 12 ottobre 2006, viene barbaramente ucciso padre Boulos Iskandar, della Chiesa siro-ortodossa. Il 6 gennaio scorso tre esplosioni coordinate contro luoghi di culto cristiani. Il 17 gennaio, una bomba contro la chiesa dell’Immacolata.

 

2018.03.13 <nbq> l 13 marzo 2008 venne ritrovato il corpo martoriato di monsignor Paul Faraj Rahho, arcivescovo di Mosul/Iraq. Era stato rapito due settimane prima da una banda di terroristi islamici poco dopo l'uscita dalla chiesa. Nell'azione furono uccisi l'autista e due collaboratori che accompagnavano monsignor Rahho. Per la Chiesa irachena è considerato veramente un martire», ha detto il patriarca di Babilonia dei Caldei, monsignor Louis R. Sako.